Vangelo Gv 12, 24-26
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Oggi conserviamo nel nostro cuore queste parole del Vangelo:
«Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato
Cap. CCLXV. Istruzioni ai dodici apostoli che iniziano il loro ministero.
28 agosto 1945
1 Gesù con gli apostoli — e ci sono tutti, segno che Giuda Iscariota, compita la sua opera, ha raggiunto i compagni — sono seduti a tavola nella casa di Cafarnao. È sera. La luce del giorno morente entra dalla porta e dalle finestre spalancate, e queste lasciano vedere il mutarsi della porpora del tramonto in un rosso paonazzo irreale, il quale agli orli si sfrangia in accartocciamenti di un color viola ardesia che finisce in grigio. Mi fa pensare ad un foglio di carta gettato sul fuoco, che si accende come il carbone sul quale è stato gettato, ma agli orli, dopo la vampa, si accartoccia e si spegne in un color piombo bluastro che finisce in un grigio perlaceo quasi bianco.
«Caldo», sentenzia Pietro accennando il nuvolone che copre l’occidente di quei colori. «Caldo. Non acqua. Quella è nebbia, non nuvola. Io questa notte dormo nella barca per avere più fresco».
«No. Questa notte andiamo fra gli uliveti. Ho bisogno di parlarvi. Ormai Giuda è tornato. È tempo di parlare. Conosco un posto ventilato. Vi staremo bene. Alzatevi e andiamo».
«È lontano?», chiedono prendendo i mantelli.
«No. Molto vicino. A un trar di frombola dall’ultima casa.
Potete lasciare i mantelli. Però prendete esca e acciarino per vederci nel rientrare».
Escono dalla stanza alta e scendono la scaletta dopo avere salutato il padrone e la moglie che frescheggiano sul terrazzo.
Gesù volta risolutamente le spalle al lago e, traversato il paese, fa un duecento o trecento metri fra gli ulivi di una prima collinetta che è alle spalle del paese. Si ferma su un ciglio che, per la sua posizione sporgente e libera da ostacoli, gode di tutta l’aria possibile a godersi in quella notte d’afa.
2 «Sediamo e prestatemi attenzione. È venuta l’ora della vostra evangelizzazione. Sono a metà circa della mia vita pubblica per preparare i cuori al mio Regno. Ora è tempo che anche i miei apostoli prendano parte alla preparazione di questo Regno. I re fanno così quando hanno deciso la conquista di un regno. Prima indagano e avvicinano persone per sentire le reazioni e lavorarle all’idea che perseguono. Poi estendono l’opera preparatoria con messi fidati, mandati nel paese da conquistare. E sempre più ne mandano finché tutto il paese è noto nelle sue particolarità geografiche e morali. Poi, fatto questo, il re porta a compimento l’opera proclamandosi re di quel luogo e incoronandosi tale. E sangue scorre per fare questo. Perché le vittorie costano sempre del sangue…».
«Noi siamo pronti a combattere per Te e a versare il nostro sangue», promettono unanimemente gli apostoli.
«Io non verserò altro sangue che quello del Santo e dei santi».
«Vuoi iniziare dal Tempio la conquista, irrompendo nell’ora dei sacrifici?…».
«Non divaghiamo, amici. Il futuro lo saprete a suo tempo. Ma non fremete d’orrore. Vi assicuro che non sconvolgerò le cerimonie con la violenza di una irruzione. Eppure saranno sconvolte e vi sarà una sera in cui il terrore impedirà la preghiera rituale. Il terrore dei peccatori. Ma Io, quella sera, sarò in pace. In pace con lo spirito mio e col mio corpo. Una pace totale, beata…».
Gesù guarda uno per uno i suoi dodici, ed è come guardasse la stessa pagina per dodici volte e vi leggesse per dodici volte la parola che vi è scritta: incomprensione. Sorride e prosegue.
3 «Dunque ho deciso di mandarvi per penetrare più avanti e più ampiamente di quanto possa fare Io da solo. Però fra il mio modo di evangelizzare e il vostro vi saranno differenze prudenziali che Io metto per non portarvi a difficoltà troppo forti, in pericoli troppo seri per la vostra anima e anche per il vostro corpo, e per non nuocere all’opera mia.
Voi non siete ancora formati al punto di poter avvicinare chicchessia senza averne danno o senza fargli danno, e tanto meno siete eroici al punto di sfidare il mondo per l’Idea andando incontro alle vendette del mondo. Perciò, andando a predicarmi non andate fra i gentili e non entrate nelle città dei samaritani, ma andate dalle pecorelle sperdute della casa d’Israele. Vi è tanto da fare anche fra queste, perché in verità vi dico che le turbe, che vi paiono tante intorno a Me, sono la centesima parte di quelle che in Israele ancora attendono il Messia e non lo conoscono né sanno che è vivente. Portate a queste la fede e la conoscenza di Me.
Nel vostro cammino predicate dicendo: “Il Regno dei Cieli è vicino”. Sia questo l’annuncio base. Su questo appoggiate tutta la vostra predicazione. Tanto avete sentito parlare del Regno da Me! Non avete che a ripetere ciò che Io vi ho detto. Ma l’uomo, per essere attirato e convinto sulle verità spirituali, ha bisogno di dolcezze materiali, come fosse un eterno bambino che non studia una lezione e non impara un mestiere se non è allettato da un dolce della mamma o un premio del maestro di scuola o del maestro del mestiere. Io, perché voi abbiate il mezzo per essere creduti e cercati, vi concedo il dono del miracolo…».
Gli apostoli scattano in piedi, meno Giacomo d’Alfeo e Giovanni, urlando, protestando, esaltandosi, ognuno a seconda del temperamento. Veramente, che si pavoneggi nell’idea del miracolo da fare non c’è che l’Iscariota che, con quel po’ po’ di conto che ha sull’anima di una accusa falsa e interessata, esclama:
«Era ora che noi pure si facesse questo per avere un minimo di autorità sulle turbe!».
Gesù lo guarda ma non dice nulla. Pietro e lo Zelote, che stanno dicendo: «No, Signore! Noi non siamo degni di tanto! Ciò spetta ai santi», dànno sulla voce a Giuda, dicendo lo Zelote: «Come ti permetti di fare rimprovero al Maestro, uomo stolto e orgoglioso?», e Pietro: «Il minimo? E che vuoi fare più del miracolo? Diventare Dio tu pure? Hai lo stesso prurito di Lucifero?».
«Silenzio!», intima Gesù.
E prosegue: «Vi è una cosa che è ancor più del miracolo e che convince ugualmente le folle e con maggiore profondità e durata: una vita santa. Ma da questa voi siete ancora lontani, e tu, Giuda, più lontano degli altri. Ma lasciatemi parlare perché è una lunga istruzione.
4 Andate perciò guarendo gli infermi, mondando i lebbrosi, risuscitando i morti del corpo o dello spirito, perché corpo e spirito possono essere ugualmente infermi, lebbrosi, morti. E voi anche sapete come si fa ad operare miracolo: con una vita di penitenza, una preghiera fervente, un sincero desiderio di far brillare la potenza di Dio, un’umiltà profonda, una viva carità, una accesa fede, una speranza che non si turba per difficoltà di sorta. In verità vi dico che tutto è possibile a chi ha in sé questi elementi. Anche i demoni fuggiranno di fronte al Nome del Signore detto da voi, avendo in voi quanto ho detto. Questo potere vi viene dato da Me e dal Padre nostro. Non si compera con nessuna moneta. Solo il nostro volere lo concede e solo la vita giusta lo mantiene. Ma, come vi è dato gratis, così gratuitamente datelo agli altri, ai bisognosi di esso. Guai a voi se avvilirete il dono di Dio facendolo servire per impinguare la vostra borsa. Non è vostra potenza, è potenza di Dio. Usatela, ma non ve ne appropriate dicendo: “È mia”. Come vi viene data, così vi può essere tolta.
Simone di Giona poco fa ha detto a Giuda di Simone: “Hai tu lo stesso prurito di Lucifero?”. Ha detto una giusta defini zione. Dire: “Io faccio ciò che fa Dio perché io sono come Dio” è imitare Lucifero. E il suo castigo è noto. Come noto è ciò che avvenne ai due che nel paradiso terrestre mangiarono il frutto proibito, per istigazione dell’Invidioso, che voleva mettere altri infelici nel suo Inferno, oltre ai ribelli angelici che già vi erano, ma anche per prurito loro proprio di superbia perfetta.
Unico frutto che vi è lecito prendere da ciò che fate sono le anime che col miracolo conquisterete al Signore e che al Signore vanno date. Ecco le vostre monete. Non altre. Nell’altra vita ne godrete il tesoro.
5 Andate senza ricchezze. Non portate con voi né oro, né argento, né monete nelle vostre cinture, non sacca da viaggio con due o più vesti e doppi calzari, né bastone da pellegrino, né armi da uomo. Perché le vostre visite apostoliche per ora saranno corte, ed ogni vigilia del sabato ci ritroveremo e potrete deporre le vesti sudate senza avere bisogno di portarvi dietro il ricambio. Non occorre il bastone perché qui dolce è il cammino, e ciò che serve su colli e pianure è ben diverso da ciò che serve nei deserti e sui monti alti. Non occorrono armi. Queste sono buone per l’uomo che non conosce la santa povertà e ignora il divino perdono. Ma voi non avete tesori da tutelare e difendere dai ladroni. Unico da temere, unico ladrone per voi, è Satana. Ed esso si vince con la costanza e la preghiera, non con spade e pugnali.
A chi vi offende perdonate. Se vi spogliassero del mantello, date anche la veste. Rimaneste anche nudi affatto per mitezza e distacco dalle ricchezze, non scandalizzerete gli angeli del Signore e neppure l’infinita Castità di Dio, perché la vostra carità vestirebbe di oro il vostro corpo nudo, e la mitezza vi farebbe ornata cintura, e il perdono verso il ladrone vi darebbe manto e corona regale. Sareste perciò vestiti meglio di un re. E non di stoffe corruttibili, ma di materie incorruttibili.
Non abbiate preoccupazioni per il vostro nutrimento. Avrete sempre quanto è appropriato alla vostra condizione e al vostro ministero, perché l’operaio è degno del nutrimento che gli viene porto. Sempre. E se gli uomini non provvedessero, Dio provvederebbe al suo operaio. Già vi ho mostrato che per vivere e per predicare non è necessario avere i ventri colmi del cibo ingurgitato. Ciò serve agli animali immondi, la cui missione è quella di ingrassare, per essere uccisi per ingrassare gli uomini. Ma voi non dovete che impinguare lo spirito vostro e altrui di cibi sapienziali. E la Sapienza si illumina ad una mente che la crapula non rende ottusa e ad un cuore che si nutre di cose soprannaturali. Voi non siete mai stati tanto eloquenti come dopo il ritiro sul monte. E allora mangiaste solo quanto era necessario per non morire. Eppure al termine del ritiro eravate forti e ilari come non mai. Non è forse vero?
6 In qualunque città o luogo entrerete, informatevi che vi sia chi meriti di accogliervi. Non perché siete Simone, o Giuda, o Bartolomeo, o Giacomo, o Giovanni, e così via. Ma perché siete i messi del Signore. Foste anche stati dei rifiuti, degli assassini, dei ladri, dei pubblicani, pentiti ora e al mio servizio, meritate rispetto perché miei messi. Dico più ancora. Dico: guai a voi se avete l’apparenza di miei messi e nell’interno siete abbietti e insatanassati. Guai a voi! L’inferno è ancor poco per quello che meritate per il vostro inganno. Ma anche foste contemporaneamente messi di Dio in palese, e rifiuti, pubblicani, ladri, assassini in occulto, o anche un sospetto fosse nei cuori verso di voi, una quasi certezza, vi va dato ancora onore e rispetto perché siete miei messi. L’occhio dell’uomo deve sorpassare il mezzo e vedere il messo e il fine, vedere Dio e la sua opera al di là del mezzo troppo spesso manchevole. Solo in casi di colpa grave, ledente la fede dei cuori, Io per ora, poi chi mi succederà, provvederanno a recidere il membro guasto. Perché non è lecito che per un sacerdote demonio si perdano anime di fedeli. Non sarà mai lecito, per nascondere le piaghe nate nel corpo apostolico, permettere sopravvivenza in esso di corpi incancreniti che col loro aspetto ripugnante allontanano e col loro fetore demoniaco avvelenano.
Voi dunque vi informerete quale è la famiglia di vita più retta, là dove le donne sanno stare ritirate e i costumi sono castigati. E là entrerete e dimorerete finché non partiate dal luogo. Non imitate i fuchi che, dopo aver succhiato un fiore, passano ad altro più nutriente. Voi, sia che siate capitati fra persone di buon letto e ricca mensa, o sia che siate capitati in umile famiglia ricca solo di virtù, rimanete dove siete. Non cercate mai il “meglio” per il corpo che perisce. Ma, anzi, date ad esso sempre il peggio, riserbando tutti i diritti allo spirito. E, ve lo dico perché è bene lo facciate, date, sol che lo possiate fare, la preferenza ai poveri per la vostra sosta. Per non umiliarli, per ricordo di Me che sono e resto povero e di esser povero me ne vanto, e anche perché i poveri sono sovente migliori dei ricchi. Troverete sempre poveri giusti, mentre raro sarà trovare un ricco senza ingiustizia. Non avete perciò la scusa di dire: “Non ho trovato bontà altro che nei ricchi” per giustificare la vostra smania di benessere.
Nell’atto di entrare nella casa salutate col mio saluto, che è il più dolce che vi sia. Dite: “La pace sia con voi. La pace sia in questa casa”, oppure “la pace venga in questa casa”. Infatti voi, messi di Gesù e della Buona Novella, portate con voi la pace, e la vostra venuta in un luogo è far venire la pace in esso. Se la casa ne è degna, la pace verrà e permarrà in essa; se non ne è degna, la pace tornerà a voi. Però badate di essere voi pacifici onde avere Dio come vostro Padre. Un padre aiuta sempre. E voi, aiutati da Dio, farete tutto, e tutto bene.
Può darsi anche, anzi certo avverrà, che vi sarà città o casa che non vi ricevono e non vogliono ascoltare le vostre parole cacciandovi o deridendovi, o anche inseguendovi a colpi di pietra come profeti noiosi. E qui avrete più che mai bisogno di esser pacifici, umili, miti per abito di vita. Perché altrimenti l’ira prenderà il sopravvento e voi peccherete scandalizzando e aumentando l’incredulità dei convertendi. Mentre, se riceverete l’offesa di esser cacciati, derisi, inseguiti, con pace, voi convertirete con la predica più bella: quella silenziosa della virtù vera. Ritroverete un giorno i nemici di oggi sul vostro cammino e vi diranno: “Vi abbiamo cercato perché il vostro modo di agire ci ha fatti persuasi della Verità che annunciate. Vogliate perdonarci e accoglierci per discepoli. Perché noi non vi conoscevamo, ma ora vi conosciamo per santi. Perciò, se santi siete, dovete essere i messi di un santo, e noi crediamo ora in Lui”. Ma, nell’uscire dalla città o casa dove non siete stati accolti, scuotete da voi anche la polvere dei vostri calzari, acciò la superbia e la durezza di quel luogo non si apprenda neppure alle vostre suole. In verità vi dico: nel giorno del Giudizio, Sodoma e Gomorra saranno trattate meno duramente di quella città.
7 Ecco: Io vi mando come pecore fra i lupi. Siate dunque prudenti come le serpi e semplici come le colombe. Perché voi sapete come il mondo, che in verità è più di lupi che di pecore, usa anche con Me che sono il Cristo. Io posso difendermi col mio potere e lo farò finché non è l’ora del trionfo temporaneo del mondo. Ma voi non avete questo potere e vi necessita maggior prudenza e semplicità. Maggiore accortezza, perciò, per evitare per ora carceri e flagellazioni.
In verità voi, per ora, nonostante le vostre proteste di volere dare il sangue per Me, non sopportate neppure uno sguardo ironico o iracondo. Poi verrà un tempo in cui sarete forti come eroi contro tutte le persecuzioni, forti più di eroi, di un eroismo inconcepibile secondo il mondo, inspiegabile, e verrà detto “follia”. No, che follia non sarà! Sarà l’immedesimazione per forza di amore dell’uomo con l’Uomo Dio, e voi saprete fare ciò che Io avrò già fatto. Per capire questo eroismo occorrerà vederlo, studiarlo e giudicarlo da piani ultraterreni. Perché è cosa soprannaturale che esula da tutte le restrizioni della natura umana. I re, i re dello spirito saranno i miei eroi, in eterno re ed eroi…
In quel tempo vi arresteranno mettendovi le mani addosso, trascinandovi davanti ai tribunali, davanti ai presidi e ai re, onde vi giudichino e vi condannino per il grande peccato, agli occhi del mondo, di essere i servi di Dio, i ministri e tutori del Bene, i maestri delle virtù. E per essere questo sarete flagellati e in mille guise puniti, fino ad essere uccisi. E voi renderete testimonianza di Me ai re, ai presidi, alle nazioni, confessando col sangue che voi amate Cristo, il Figlio vero di Dio vero.
Quando sarete nelle loro mani, non vi mettete in pena su ciò che avete a rispondere e di quanto avrete a dire. Nessuna pena abbiate allora che non sia quella dell’afflizione verso i giudici e gli accusatori che Satana travia al punto da renderli ciechi alla Verità. Le parole da dire vi saranno date in quel momento. Il Padre vostro ve le metterà sulle labbra, perché allora non sarete voi che parlerete per convertire alla Fede e professare la Verità, ma sarà lo Spirito del Padre vostro quello che parlerà in voi.
8 Allora il fratello darà la morte al fratello, il padre al figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. No, non tramortite e non vi scandalizzate! Rispondete a Me. Per voi è più grande delitto uccidere un padre, un fratello, un figlio, o Dio stesso?».
«Dio non si può uccidere», dice secco Giuda Iscariota.
«È vero. È Spirito imprendibile», conferma Bartolomeo. E gli altri, pur tacendo, sono dello stesso parere.
«Io sono Dio, e Carne sono», dice calmo Gesù.
«Nessuno pensa ad ucciderti», ribatte l’Iscariota.
«Vi prego, rispondete alla mia domanda».
«Ma è più grave uccidere Dio! Si intende!».
«Ebbene, Dio sarà ucciso dall’uomo, nella Carne dell’Uomo Dio e nell’anima degli uccisori dell’Uomo Dio. Dunque, come si giungerà a questo delitto senza orrore in chi lo compie, parimenti si giungerà al delitto dei padri, dei fratelli, dei figli, contro i figli, i fratelli, i padri.
9 Sarete odiati da tutti a causa del mio Nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvo. E quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra. Non per viltà, ma per dare tempo alla neonata Chiesa di Cristo di giungere ad età non più di lattante debole e inetto, ma ad una età maggiore in cui sarà capace di affrontare la vita e la morte senza temere Morte. Quelli che lo Spirito consiglierà a fuggire, fuggano. Come Io sono fuggito quando ero pargolo. In verità, nella vita della mia Chiesa si ripeteranno tutte le vicende della mia vita d’uomo. Tutte. Dal mistero del suo formarsi all’umiltà dei primi tempi, ai turbamenti e insidie date dai feroci, alla necessità di fuggire per continuare a esistere, dalla povertà e dal lavoro indefesso fino a molte altre cose che Io vivo attualmente, che patirò in seguito, prima di giungere al trionfo eterno. Quelli invece che lo Spirito consiglia di rimanere, restino. Perché, anche se cadranno uccisi, essi vivranno e saranno utili alla Chiesa. Perché è sempre bene ciò che lo Spirito di Dio consiglia.
10 In verità vi dico che non finirete, voi e chi vi succederà, di percorrere le vie e le città di Israele prima che venga il Figlio dell’uomo. Perché Israele, per un suo tremendo peccato, sarà disperso come pula investita da un turbine e sparso per tutta la terra, e secoli e millenni, uno dopo un altro uno, e oltre, si succederanno prima che sia di nuovo raccolto sull’aia di Areuna Gebuseo. Tutte le volte che lo tenterà, prima dell’ora segnata, sarà nuovamente preso dal turbine e disperso, perché Israele dovrà piangere il suo peccato per tanti secoli quante sono le stille che pioveranno dalle vene dell’Agnello di Dio immolato per i peccati del mondo. E la Chiesa mia dovrà pure, essa che sarà stata colpita da Israele in Me e nei miei apostoli e discepoli, aprire braccia di madre e cercare di raccogliere Israele sotto il suo manto come una chioccia fa coi pulcini sviati. Quando Israele sarà tutto sotto il manto della Chiesa di Cristo, allora Io verrò.
11 Ma queste saranno le cose future. Parliamo delle immediate.
Ricordatevi che il discepolo non è da più del Maestro, né il servo da più del Padrone. Perciò basti al discepolo di essere come il Maestro, ed è già immeritato onore; e al servo di essere come il Padrone, ed è già soprannaturale bontà concedervi che ciò sia. Se hanno chiamato Belzebù il padrone di casa, come chiameranno i suoi servi? E potranno i servi ribellarsi se il Padrone non si ribella, non odia e maledice, ma calmo nella sua giustizia continua la sua opera, trasferendo il giudizio ad altro momento, quando, dopo avere tutto tentato per persuadere, avrà visto in essi l’ostinazione nel Male? No. Non potranno i servi fare ciò che non fa il Padrone, ma bensì imitarlo, pensando che essi sono anche peccatori mentre Egli era senza peccato. Non temete dunque quelli che vi chiameranno: “demoni”. La verità, verrà un giorno che sarà nota e si vedrà allora chi era il “demonio”. Se voi o loro.
Non c’è niente di nascosto che non si abbia a rivelare, e niente di segreto che non si abbia a sapere. Quello che ora Io vi dico nelle tenebre e in segreto, perché il mondo non è degno di sapere tutte le parole del Verbo — non è ancora degno di questo, né è ora di dirlo anche agli indegni — voi, quando sarà l’ora che tutto deve esser noto, ditelo nella luce, dall’alto dei tetti gridate ciò che ora Io vi sussurro più all’anima che all’orecchio. Perché allora il mondo sarà stato battezzato dal Sangue, e Satana avrà contro uno stendardo per cui il mondo potrà, volendo, comprendere i segreti di Dio, mentre Satana non potrà nuocere altro che su chi desidera il morso di Satana e lo preferisce al mio bacio. Ma otto parti su dieci del mondo non vorranno comprendere. Solo le minoranze saranno volonterose di sapere tutto per seguire tutto che è mia Dottrina. Non importa. Siccome non si può separare queste due parti sante dalla massa ingiusta, predicate anche dai tetti la mia Dottrina, predicatela dall’alto dei monti, sui mari senza confine, nelle viscere della Terra. Se anche gli uomini non l’ascolteranno, raccoglieranno le divine parole gli uccelli ed i venti, i pesci e le onde, e ne serberanno l’eco le viscere del suolo per dirlo alle interne sorgenti, ai minerali, ai metalli, e ne gioiranno tutti, perché essi pure sono creati da Dio per essere di sgabello ai miei piedi e di gioia al mio cuore.
Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima, ma temete solo quello che può mandare a perdizione la vostra anima e ricongiungere nell’ultimo Giudizio questa al risorto corpo, per gettarli nei fuochi d’Inferno. Non temete. Non si vendono forse due passeri per un soldo? Eppure, se il Padre non lo permette, non uno di essi cadrà nonostante tutte le insidie dell’uomo. Non temete dunque. Voi siete noti al Padre. Noti gli sono nel loro numero anche i capelli che avete sul capo. Voi siete dappiù di molti passeri! Ed Io vi dico che chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anche Io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei Cieli. Ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anche Io lo rinnegherò davanti al Padre mio. Riconoscere qui è per seguire e praticare; rinnegare è per abbandonare la mia via per viltà, per concupiscenza triplice, o per calcolo meschino, per affetto umano verso uno dei vostri, contrari a Me. Perché ci sarà questo.
12 Non pensate che Io sia venuto a mettere concordia sulla Terra e per la Terra. La mia pace è più alta delle calcolate paci per il barcamenare di ogni giorno. Non sono venuto a mettere la pace, ma la spada. La spada tagliente per recidere le liane che trattengono nel fango e aprire le vie ai voli nel soprannaturale. Perciò Io sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera. Perché Io sono Colui che regna e ha ogni diritto sui suoi sudditi. Perché nessuno è più grande di Me nei diritti sugli affetti. Perché in Me si accentrano tutti gli amori sublimandosi, ed Io sono Padre, Madre, Sposo, Fratello, Amico, e vi amo come tale, e come tale vado amato. E quando dico: “Voglio”, nessun legame può resistere e la creatura è mia. Io col Padre l’ho creata, Io da Me stesso la salvo, Io ho il diritto di averla.
In verità i nemici dell’uomo sono gli uomini oltre che i demoni; e i nemici dell’uomo nuovo, del cristiano, saranno quelli di casa, coi loro lamenti, minacce o suppliche. Chi però d’ora in poi amerà il padre e la madre più di Me non è degno di Me; chi ama il figlio o la figlia più di Me non è degno di Me. Chi non prende la sua croce quotidiana, complessa, fatta di rassegnazioni, di rinunce, di ubbidienze, di eroismi, di dolori, di malattie, di lutti, di tutto quello che manifesta la volontà di Dio o una prova dell’uomo, e con essa non mi segue, non è degno di Me. Chi tiene conto della sua vita terrena più di quella spirituale perderà la Vita vera. Chi avrà perduto la sua vita terrena per amore mio la ritroverà eterna e beata.
13 Chi riceve voi riceve Me. Chi riceve Me riceve Colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta come profeta riceverà premio proporzionato alla carità data al profeta, chi un giusto come giusto riceverà un premio proporzionato al giusto. E ciò perché chi riconosce nel profeta il profeta è segno che è profeta lui pure, ossia molto santo perché tenuto fra le braccia dallo Spirito di Dio, e chi avrà riconosciuto un giusto come giusto dimostra di essere lui stesso giusto, perché le anime simili si riconoscono. Ad ognuno dunque sarà dato secondo giustizia.
Ma a chi avrà dato anche un solo calice d’acqua pura ad uno dei miei servi, fosse anche il più piccolo — e sono servi di Gesù tutti quelli che lo predicano con una vita santa, e possono esserlo i re come i mendicanti, i sapienti come coloro che non sanno nulla, i vecchi come i pargoli, perché in tutte le età e le classi si può essere miei discepoli — chi avrà dato ad un mio discepolo anche un calice d’acqua in mio nome e perché mio discepolo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa.
14 Ho detto. Ora preghiamo e poi andiamo a casa. All’alba partirete e così: Simone di Giona con Giovanni, Simone Zelote con Giuda Iscariota, Andrea con Matteo, Giacomo d’Alfeo con Tommaso, Filippo con Giacomo di Zebedeo, Giuda mio fratello con Bartolomeo. Questa settimana così. Poi darò il nuovo ordine. Preghiamo».
E pregano ad alta voce…
Cap. DXCVIII. Giovedì santo. Preparativi per la Cena pasquale. La voce del Padre. Il segno convenuto con il Traditore. L’ossequio di persone ragguardevoli.
3 aprile 1947
1 Un nuovo mattino. Così sereno! Così festoso! Non ci sono più neppure le nuvole rare che ieri vagavano lentamente sul cobalto del cielo. Non c’è neppure l’afa pesante che ieri era gravosa tanto. Una brezza sottile alita sui volti. E sa di fiori, sa di fieni, sa di aria pulita. E smuove lentamente le foglie degli ulivi. Sembra voglia far ammirare l’argenteo delle fogliette lanceolate e spargere fiori, piccoli, candidi, odorosi, sui passi di Cristo, sul suo capo biondo, baciarlo, rinfrescarlo – perché ogni minuto calice ha la sua stilluzza di rugiada – baciarlo, rinfrescarlo e poi morire prima di vedere l’orrore incombente. E si inchinano le erbe dei clivi scuotendo le campanelle, le corolle, le palmette dei mille fiori. Stelle dal cuore d’oro, le grosse margherite selvagge stanno alte sullo stelo come per baciargli la mano che sarà trafitta, e le pratoline e le matricarie gli baciano i piedi generosi, che si fermeranno dall’andare per il bene degli uomini solo quando saranno inchiodati per dare un bene maggiore ancora, e le rose canine odorano e il biancospino che non ha più fiori agita le foglie dentellate. Pare che dica: «No, no» a quelli che lo useranno per dare tormento al Redentore. E «no» dicono le canne del Cedron. Anche loro non vogliono colpire, la loro volontà di piccole cose non vuol fare male al Signore. E forse anche i sassi delle chine si felicitano di essere fuori di città, sull’Uliveto, perché in tal modo, no, non feriranno il Martire. E piangono gli esili convolvoli rosati, che Gesù amava tanto, e i corimbi delle acacie candide come grappoli di farfalle strette a uno stelo, forse pensando: «Non lo vedremo più». E i miosotis, così esili e puri, lasciano cadere la loro corolla al tocco della veste porpurea che Gesù ha indossato di nuovo. Deve. essere bello morire quando cosa che è di Gesù colpisce. Tutti i fiori, anche uno sperso mughetto, forse caduto là incidentalmente e che si è radicato fra le radici sporgenti di un olivo, è felice di esser scorto e colto da Tommaso e offerto al Signore… E felici sono i mille uccelli fra i rami di salutarlo con canti di gioia. Oh! che non lo bestemmiano gli uccelli che Egli ha sempre amato! Persino un branchetto di pecore sembra volerlo salutare benché siano in pianto, orbate come sono dei figli venduti per il sacrificio pasquale. E belando, un lamento di madri per l’aria, chiamando i figli che non torneranno più, vengono a sfregarsi presso Gesù, guardandolo con lo sguardo mite.
2 La vista delle pecore richiama gli apostoli al pensiero del rito e interrogano Gesù quando sono quasi al Getsemani. «Dove andremo a consumare la Pasqua? Che luogo scegli? Dillo, e noi andremo ad apparecchiare ogni cosa», dicono.
E Giuda di Keriot: «Dammi ordini e andrò».
«Pietro. Giovanni. Sentitemi».
I due, che erano un poco avanti, si fanno vicino a Gesù che li ha chiamati.
«Precedeteci ed entrate in città per la porta del Letame. Appena entrati, incontrerete un uomo che torna da En Rogel con una brocca di quella buon’acqua. Seguitelo finché entra in una casa. Direte a colui che è in essa: “Il Maestro dice: ‘Dove è la stanza dove Io possa mangiare la Pasqua coi miei discepoli?’”. Egli vi mostrerà un gran cenacolo pronto. Apparecchiate in esso ogni cosa. Andate solleciti e poi raggiungeteci al Tempio».
I due partono in tutta fretta.
Gesù procede invece lentamente. Tanto è ancor fresca mattina e le strade che immettono nella città mostrano appena i primi pellegrini. Valicano il Cedron sul ponticello che è prima del Getsemani. Entrano in città. Le porte, forse per un contrordine di Pilato, rassicurato dalla assenza di dispute intorno a Gesù, non sono più sorvegliate dai legionari. Infatti la massima calma regna in ogni luogo.
3 Oh! non si può dire che non abbiano saputo contenersi i giudei! Nessuno ha molestato il Maestro né i suoi discepoli. Ossequi bene educati, se non affettuosi, lo hanno sempre salutato, anche se quelli che li davano erano i più astiosi del Sinedrio. Una sopportazione inarrivabile ha accompagnato anche la requisitoria di ieri.
Ed ecco che proprio anche ora, poiché la casa di campagna di Caifa è proprio vicina a quella porta, ecco che proprio ora passa, venendo da essa, un folto gruppo di farisei e di scribi, fra i quali il figlio di Anna ed Elchia con Doras e Sadoc, ed è un piegarsi di schiene ammantate ampiamente, che ossequiano fra ondeggiamenti di vesti e frange e copricapi amplissimi. Gesù saluta e passa, regale nella sua veste di lana rossa e nel manto più cupo di tinta, il copricapo di Sintica nella mano, il sole che fa dei suoi capelli rosso-rame un serto d’oro e un velo lucente giù sino agli omeri. Le schiene si alzano dopo il suo passaggio e appaiono i volti: di iene idrofobe.
Giuda di Keriot, che guardava sempre intorno con la sua faccia di traditore, con la scusa di riallacciarsi un sandalo si fa ai margini della via e, lo vedo bene, fa un cenno a quei tali che lo attendano… Lascia che il gruppo di Gesù e dei discepoli vada avanti, sempre lavorando intorno alla fibbia del suo sandalo per darsi un contegno, poi rapido passa vicino a quelli e sussurra: «Alla Bella. Verso sesta. Un di voi», e sfreccia via
veloce raggiungendo i compagni. Franco, spudoratamente franco!…
4 Salgono al Tempio. Pochi ebrei ancora. Ma molti gentili. Gesù va ad adorare il Signore. Poi torna indietro e ordina a Simone e Bartolomeo di comperare l’agnello facendosi dare denari da Giuda di Keriot.
«Ma potevo fare io!», dice questi.
«Avrai altro da fare. Lo sai. Vi è quella vedova alla quale portare l’obolo di Maria di Lazzaro e dirle che dopo le feste vada a Betania, da Lazzaro. Lo sai dove sta? Hai capito bene?».
«So, so! Mi ha mostrato il luogo Zaccaria che la conosce bene». E aggiunge: «Sono molto contento di andare. Più che andare per l’agnello. Quando vado?».
«Più tardi. Non mi fermerò molto qui. Riposerò oggi, volendo esser forte per questa sera e per la mia orazione notturna».
«Va bene».
Ecco, io mi chiedo: Gesù, che aveva così taciuto nei giorni scorsi ogni suo proposito per non dare particolari a Giuda, perché ora dice, ripete ciò che farà nella notte? La Passione è già iniziata con la cecità di preveggenza, o è questa preveggenza tanto aumentata che Egli legge nei libri dei Cieli che quella è «la notte» e che perciò bisogna farlo sapere a chi attende di saperlo per consegnarlo ai nemici, o lo ha sempre saputo che in quella notte deve iniziarsi la sua immolazione? Io non so darmi risposta. Gesù non mi dà risposta. E io resto nei miei perché, mentre osservo Gesù che risana gli ultimi malati. Gli ultimi… Domani, fra poche ore, non potrà più… La Terra sarà privata del potente Risanatore di corpi. La Vittima, però, sul suo patibolo inizierà la serie, ininterrotta da venti secoli, dei suoi risanamenti di spiriti.
5 Oggi io contemplo più che descrivere. Il mio Signore mi fa proiettare la vista spirituale da ciò che io vedo accadere, nell’ultimo giorno di libertà di Cristo, a ciò che è nei secoli… Oggi io contemplo più i sentimenti, i pensieri del Maestro che non gli avvenimenti intorno a Lui. Sono già nella comprensione angosciosa della sua tortura del Getsemani…
6 Gesù è sopraffatto come il solito dalla folla che è già cresciuta, che ora è, nella più parte, ebrea e che si dimentica di affrettarsi al luogo del sacrificio degli agnelli per avvicinarsi a Gesù, Agnello di Dio che sta per essere immolato. E ancora chiede, e ancora vuole spiegazioni.
Molti sono ebrei venuti dalla Diaspora, i quali, saputo per fama del Cristo, del Profeta galileo, del Rabbi di Nazaret, sono curiosi di sentirlo parlare e ansiosi di levarsi ogni possibile dubbio. E questi si fanno largo supplicando quelli di Palestina così: «Voi sempre lo avete. Voi sapete chi è. Voi avete la sua parola quando volete. Noi siamo venuti da lontano e ripartiremo subito dopo aver compiuto il precetto. Lasciateci andare a Lui!». La folla si apre a fatica per cedere il posto a questi. E questi si avvicinano a Gesù e l’osservano curiosamente. Parlottano fra loro, gruppo per gruppo.
Gesù li osserva, anche se contemporaneamente ascolta un gruppo di persone venute dalla Perea. Poi, licenziate queste che gli hanno offerto denaro per i suoi poveri, così come molti fanno, ed Egli lo ha passato a Giuda come sempre, si accinge a parlare.
7 «Uni nella religione, ma diversi di provenienza, molti fra i presenti si chiedono: “Chi è costui che è detto il Nazareno?”, e la loro speranza e il loro dubbio cozzano insieme. Ascoltate. (È l’inizio di un’altra serie di citazioni, testuali o parafrasate, che rimandano (nella successione biblica) a: Salmo 78, 23-25; Isaia 9, 5; 11, 1-4.10-12; 40, 10-11; 42, 1-7; 50, 6; 53, 2-12; 55, 1-3; 61, 1-2; 63, 1; Ezechiele 34, 11.16; 47, 112; Daniele 9, 24-27; Osea 14, 2; Michea 5, 3-4; Zaccaria 9, 9-10. L’ultimo dei profeti, cui si allude, è Giovanni Battista. Le profezie sono quelle di: Isaia 7, 14; Michea 5, 1).
È detto di Me: “Un germoglio spunterà dalla radice di Jesse, un fiore verrà da questa radice e sopra di Lui riposerà lo Spirito del Signore. Egli non giudicherà secondo quello che apparisce agli occhi, non condannerà per ciò che si sente con gli orecchi, ma giudicherà con giustizia i poveri, prenderà le difese degli umili. Il germoglio della radice di Jesse, posto quale segno fra le nazioni, sarà invocato dai popoli e il suo sepolcro sarà glorioso. Egli, alzata una bandiera alle nazioni, riunirà i profughi d’Israele, i dispersi di Giuda, li raccoglierà dai quattro punti della Terra”.
È detto di Me: “Ecco, il Signore Dio viene, con possanza, il suo braccio trionferà. Porta seco la sua mercede, ha davanti agli occhi l’opera sua. Come un pastore pascerà il suo gregge”.
È detto di Me: “Ecco il mio Servo col quale Io starò, nel quale si compiace l’anima mia. In Lui ho diffuso il mio spirito. Egli porterà giustizia fra le nazioni. Non griderà, non spezzerà la canna fessa, non spegnerà il lucignolo fumigante, farà giustizia secondo verità. Senza essere né triste né turbolento, giungerà a stabilire sulla Terra la giustizia, e le isole aspetteranno la sua legge”.
È detto di Me: “Io, il Signore, ti ho chiamato nella giustizia, ti ho preso per mano, ti ho preservato, ti ho fatto alleanza del popolo e luce delle nazioni per aprire gli occhi ai ciechi e trarre dal carcere i prigionieri e dalla sotterranea prigione quelli che giacciono nelle tenebre”.
È detto di Me: “Lo Spirito del Signore è sopra di Me, perché il Signore mi ha unto ad annunziare la Buona
Novella ai mansueti, a curare quelli che hanno il cuore affranto, a predicare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri, a predicare l’anno di grazia del Signore”.
È detto di Me: “Egli è il Forte, pascerà il gregge con la fortezza del Signore, con la maestà del nome del Signore Dio suo. A Lui si convertiranno, perché sin da ora sarà glorificato, fino agli ultimi confini del mondo”.
È detto di Me: “Io stesso andrò in cerca delle mie pecorelle. Andrò in cerca delle smarrite, ricondurrò le scacciate, legherò le fratturate, ristorerò le deboli, terrò d’occhio le grasse e robuste, le pascerò con giustizia”.
È detto: “Egli è il Principe di pace e sarà la pace”.
È detto: “Ecco, viene il tuo Re, il Giusto, il Salvatore. Egli è povero, cavalca un asinello. Egli annunzierà pace alle nazioni. Il suo dominio sarà da mare a mare sino agli estremi della Terra”.
È detto: “Settanta settimane sono state fissate per il tuo popolo, per la tua città santa, affinché sia tolta la prevaricazione, abbia fine il peccato, sia cancellata l’iniquità, venga l’eterna giustizia, siano compiute visione e profezia, e sia unto il Santo dei santi. Dopo sette più sessantadue verrà il Cristo. Dopo sessantadue sarà ucciso. Dopo una settimana Egli confermerà il testamento, ma a mezzo della settimana verranno meno le ostie e i sacrifici, e sarà nel Tempio l’abominazione della desolazione, e durerà sino alla fine dei secoli”.
8 Mancheranno dunque le ostie in questi giorni? L’altare non avrà vittima? Avrà la gran Vittima. Ecco, la vede il profeta: “Chi è costui che viene con le vesti tinte di rosso? È bello nel suo vestito e cammina nella grandezza della sua forza”.
E come si è tinto di porpora, Colui che è povero, la veste? Ecco, lo dice il profeta: “Ho abbandonato il mio corpo ai percuotitori, le mie guance a chi mi strappa la barba, non ho allontanato il volto da chi mi oltraggia. E la mia bellezza e il mio splendore si è perduto, e gli uomini non mi hanno più amato. Disprezzato mi hanno gli uomini, considerato l’ultimo! Uomo di dolori, sarà velato il mio volto e vilipeso, e mi guarderanno come un lebbroso, mentre è per tutti che Io sarò piagato e morto”.
Ecco la Vittima! Non temere, o Israele! Non temere! Non manca l’Agnello pasquale! Non temere, o Terra! Non temere! Ecco il Salvatore! Come pecora sarà condotto al macello, perché lo ha voluto, e non ha aperto bocca per maledire quelli che l’uccidono. Dopo la condanna sarà innalzato e consumato nei patimenti, le membra slogate, le ossa scoperte, i piedi e le mani trafitti. Ma dopo l’affanno, col quale giustificherà molti, possederà le moltitudini perché, dopo aver consegnato la sua vita alla morte per la salute del mondo, risorgerà e governerà la Terra, nutrirà i popoli delle acque viste da Ezechiele, uscenti dal vero Tempio che, anche se è abbattuto, risorge per sua stessa forza, del vino di cui si è anche imporporata la candida veste d’Agnello senza macchia, e del Pane venuto dal Cielo.
9 Sitibondi, venite alle acque! Affamati, nutritevi! Esausti, bevete il mio vino, e voi malati! Venite voi che non avete denaro, voi che non avete salute, venite! E voi che siete nelle tenebre! E voi che siete morti, venite! Io sono Ricchezza e Salute, Io sono Luce e Vita. Venite voi che cercate la via! Venite voi che cercate la verità! Io sono Via e Verità! Non temete di non poter consumare l’Agnello perché mancano le ostie veramente sante in questo Tempio profanato. Tutti avrete da mangiare dell’Agnello di Dio venuto a togliere i peccati del mon-do, come ha detto di Me l’ultimo dei profeti del mio popolo. Di quel popolo al quale Io chiedo: Popolo mio, che ti ho fatto? In che ti ho contristato? Che potevo darti di più di ciò che Io non ti abbia dato? Ho istruito i tuoi intelletti, ho guarito i tuoi malati, beneficato i tuoi poveri, sfamato le tue turbe, ti ho amato nei tuoi figli, ho perdonato, ho pregato per te. Ti ho amato sino al Sacrificio. E tu che appresti al tuo Signore? Un’ora, l’ultima, ti è data, o mio popolo, o mia città regale e santa. Convertiti in quest’ora al Signore Dio tuo!».
10 «Ha detto le parole vere!».
«Così è detto! E Lui veramente fa quello che è detto!».
«Come un pastore ha avuto cura di tutti!».
«Come fossimo le pecore disperse, malate, nella caligine, è venuto a portarci alla via giusta, a guarirci anima e corpo, a illuminarci».
«Veramente tutti i popoli vanno a Lui. Osservate là quei gentili come sono ammirati! ».
«Pace ha predicato».
«Amore ha dato».
«Non capisco ciò che dice del sacrificio. Parla come se dovesse essere ucciso».
«Così è, se è l’Uomo visto dai profeti, il Salvatore».
«E parla come se tutto il popolo dovesse malmenarlo. Ciò non accadrà mai. Il popolo, noi, lo amiamo».
«È nostro amico. Lo difenderemo».
«Galileo è, e noi di Galilea daremo la vita per Lui».
«Di Davide è, e non alzeremo la mano che per difenderlo, noi di Giudea».
«E noi, che ci amò come amò voi, noi dell’Auranite, della Perea, della Decapoli, noi potremo dimenticarlo? Tutti, tutti lo difenderemo».
Queste le voci fra la folla ormai numerosa molto. Labilità delle intenzioni umane! Giudico dalla posizione del sole essere verso le nove antimeridiane dell’ora nostra. Ventiquattr’ore più tardi questa gente sarà da molte ore intorno al Martire per torturarlo con l’odio e le percosse, e urlerà chiedendo la sua morte. Pochi, molto pochi, troppo pochi fra le migliaia di persone che si affollano da ogni parte della Palestina e oltre, e che hanno avuto luce, salute, sapienza, perdono dal Cristo, saranno coloro che non solo non cercheranno di strapparlo ai nemici, perché la loro pochezza rispetto alla moltitudine dei percuotitori lo vieta, ma anche non sapranno confortarlo dandogli prova d’amore col seguirlo con volto amico. Le lodi, i consensi, i commenti ammirati si spargono per l’ampio cortile come onde che dall’alto del mare vadano lontano a morire sul lido.
11 Degli scribi, dei giudei, dei farisei tentano di neutralizzare l’entusiasmo del popolo, e anche il fermento del popolo contro i nemici del Cristo, dicendo: «Vaneggia. La stanchezza sua è tanta e lo conduce a delirare. Vede persecuzioni dove sono onori. Il suo dire ha fiumi della solita sua sapienza, ma mescolati a frasi di delirio. Nessuno gli vuol fare del male. Abbiamo capito. Capito chi è…».
Ma la gente è incerta di tanta conversione di umori, e qualcuno fra essa si ribella dicendo: «Egli mi guarì un figlio demente. So ciò che è la pazzia. Non così parla uno che è folle! ».
E un altro: «Lasciali dire. Sono vipere che hanno paura che il bastone del popolo spezzi loro le reni. Cantano la dolce canzone dell’usignolo per ingannarci, ma se ascolti bene c’è dentro il fischio del serpe».
E un altro ancora: «Scolte del popolo di Cristo, all’erta! Quando nemico carezza ha il pugnale nascosto nella manica e tende la mano per colpire. Occhi aperti e cuore pronto! Gli sciacalli non possono diventare docili agnelli».
«Dici bene: il gufo alletta e incanta gli uccellini ingenui con l’immobilità del suo corpo e con la mendace letizia del suo saluto. Ride e invita col suo grido, ma è già pronto a divorare».
E così via, da gruppo a gruppo.
12 Ma vi sono anche i gentili. Questi gentili che sono stati costanti e sempre più numerosi ad ascoltare il Maestro in questi giorni di festa. Sempre ai margini della folla, perché l’esclusivismo ebreo-palestinese è forte e li respinge volendo i primi posti intorno al Rabbi, essi hanno desiderio di avvicinarlo e parlargli.
Un folto gruppo di essi occhieggia Filippo, che la folla ha spinto in un angolo. Si accostano a lui dicendo: «Signore, noi desideriamo vedere da vicino Gesù, il tuo Maestro. E parlargli almeno una volta».
Filippo si alza sulle punte dei piedi per vedere se scorge qualche apostolo più vicino al Signore. Vede Andrea e gli grida, dopo averlo chiamato: «Qui sono dei gentili che vorrebbero salutare il Maestro. Chiedigli se vuole accoglierli».
Andrea, separato da Gesù di qualche metro, pigiato nella folla, si fa largo senza riguardi, lavorando generosamente di gomiti e urlando: «Fate largo! Fate largo, dico. Devo andare dal Maestro». Lo raggiunge e gli trasmette il desiderio dei gentili.
«Conducili in quell’angolo. Io verrò a loro».
E mentre Gesù cerca di passare fra la gente, Giovanni, che è tornato con Pietro, Pietro stesso, Giuda Taddeo, Giacomo di Zebedeo e Tommaso, che lascia il gruppo dei suoi parenti, trovato fra la folla, per aiutare i compagni, lottano a fargli strada.
13 ”Ecco Gesù là dove già sono i gentili che lo ossequiano.
«La pace a voi. Che volete da Me?».
«Vederti. Parlarti. Le tue parole ci hanno conturbati. Desideravamo sempre di parlarti per dirti che la tua parola ci colpisce. Ma attendevamo di farlo in momento propizio. Oggi… Tu parli di morte… Noi temiamo di non poter più parlarti se non prendiamo quest’ora. Ma è possibile che gli ebrei possano uccidere il loro figlio migliore? Noi siamo gentili e la tua mano non ci beneficò. La tua parola ci era sconosciuta. Avevamo sentito parlare di Te vagamente. Ma non ti avevamo mai visto né avvicinato. Eppure, lo vedi! Noi ti rendiamo omaggio. Tutto il mondo con noi ti onora».
«Sì, l’ora è venuta nella quale il Figlio dell’uomo deve essere glorificato dagli uomini e dagli spiriti».
Ora la gente è di nuovo intorno a Gesù. Ma con la differenza che in prima fila sono i gentili e indietro gli altri.
«Ma allora, se è l’ora della tua glorificazione, Tu non morrai come dici, o come abbiamo capito. Perché non è essere glorificato morire in tal modo. Come potrai riunire il mondo sotto il tuo scettro, se Tu muori prima di
averlo fatto? Se il tuo braccio si immobilizzerà nella morte, come potrà trionfare e radunare i popoli?».
«Morendo dò vita. Morendo edifico. Morendo creo il Popolo nuovo. È nel sacrificio che si ha la vittoria. In verità vi dico che, se il granello di frumento caduto sulla terra non muore, rimane infecondo. Ma se invece muore, ecco che produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà. Chi odia la sua vita in questo mondo la salverà per la vita eterna. Io poi ho il dovere di morire per dare questa vita eterna a tutti coloro che mi seguo-no per servire la Verità. Chi mi vuole servire venga: non è limitato il posto nel mio regno a questo o a quel popolo. Chiunque mi vuol servire venga e mi segua, e dove Io sono sarà pure il mio servo. E chi mi serve l’onorerà il Padre mio, unico, vero Iddio, Signore del Cielo e della Terra, Creatore di tutto quanto è, Pensiero, Parola, Amore, Vita, Via, Verità; Padre, Figlio, Spirito Santo, Uno essendo Trino, Trino essendo unico, solo, vero Dio.
14 “Ma ora l’anima mia è turbata. E che dirò? Dirò forse: “Padre, salvami da quest’ora”? No. Perché Io sono venuto per questo: per giungere a quest’ora. E allora dirò: “Padre, glorifica il tuo Nome!”».
Gesù apre le braccia in croce, una croce porpurea contro il candore dei marmi del portico, e alza il volto, offrendosi, pregando, salendo coll’anima al Padre.
E una voce, più forte del tuono, immateriale nel senso che non è simile a nessuna voce d’uomo, ma sensibilissima per tutti gli orecchi, empie il cielo sereno della bellissima giornata d’aprile e vibra, più potente di accordo d’organo gigante, bellissima nella sua tonalità, e proclama: «E Io l’ho glorificato e ancora lo glorificherò».
La gente ha avuto paura. Quella voce, così potente che ne ha vibrato il suolo e ciò che su esso si trova, quella voce misteriosa, diversa da ogni altra, veniente da una fonte che è sconosciuta, quella voce che empie tutto, da settentrione a mezzogiorno, da oriente a occidente, terrorizza gli ebrei e stupisce i pagani. I primi si gettano, sol che possano farlo, al suolo, mormorando nel tremore: «Ora morremo! (Come se avessero visto Dio, stando a quanto si legge in: Esodo 20, 19; 33, 20; Giudici 6, 22-23; 13, 22. Analoghe espressioni al Vol 5 Cap 349, al Vol 10 Capp 619 e 630).
Abbiamo sentito la voce dal Cielo. Un angelo gli ha parlato!», e si battono il petto in , attesa della morte. I secondi gridano: «Un tuono! Un boato! Fuggiamo! La Terra ha ruggito! Ha tremato!». Ma fuggire è impossibile in quella ressa che si accresce di quelli che, ancor fuor dalle mura del Tempio, accorrono entro di esse gridando: «Pietà di noi! Corriamo! Qui è luogo santo. Non si fenderà il monte dove sorge l’altare di Dio!». E perciò ognuno resta dove è, dove lo blocca la folla e lo spavento.
15 Sulle terrazze del Tempio accorrono i sacerdoti, gli scribi, i farisei che erano sparsi per i meandri di esso, e leviti, e strategoi. Agitati, sbalorditi. Ma di tutti loro non scendono, fra la gente che è nei cortili, altro che Gamaliele con suo figlio. Gesù lo vede passare, tutto candido nella veste di lino, che è così bianca da splendere persino sotto il forte sole che la investe.
Gesù, guardando Gamaliele ma come parlando per tutti, alza la voce dicendo: «Non per Me, ma per voi è venuta questa voce dal Cielo».
Gamaliele si arresta, si volge, trivella con gli sguardi dei suoi occhi profondi e nerissimi – che l’abitudine ad essere un maestro venerato come un semidio fa involontariamente duri come quelli dei rapaci – lo sguardo zaffireo, limpido, dolce nella sua maestà, di Gesù…
E Gesù prosegue: «Ora si ha il giudizio di questo mondo. Ora il Principe delle Tenebre sta per essere cacciato fuori. Ed Io, quando sarò innalzato, trarrò tutti a Me, perché così salverà il Figlio dell’uomo».
16 «Noi abbiamo imparato dai libri della Legge che il Cristo vive in eterno. E Tu ti dici il Cristo e dici che devi morire. E ancora dici che sei il Figlio dell’uomo e salverai essendo esaltato. Chi sei dunque? Il Figlio dell’uomo o il Cristo? E chi è il Figlio dell’uomo?», dice la folla che si rinfranca.
«Sono un’unica Persona. Aprite gli occhi alla Luce. Ancora per un poco la Luce è con voi. Camminate verso la Verità sinché avete la Luce fra voi, affinché non vi sorprendano le tenebre. Coloro che camminano nel buio non sanno dove vadano a finire. Finché avete fra voi la Luce credete ad Essa, per essere figli della Luce». Tace.
La folla è perplessa e divisa. Una parte se ne va scrollando il capo. Una parte osserva l’atteggiamento dei principali dignitari: farisei, capi dei sacerdoti, scribi… e specie di Gamaliele, e regola i propri moti su questo atteggiamento. Altri ancora approvano col capo e si inchinano a Gesù con chiari segni di volergli dire: «Crediamo! Ti onoriamo per ciò che sei». Ma non osano schierarsi apertamente in suo favore. Hanno paura degli occhi attenti dei nemici di Cristo, dei potenti, che li sorvegliano dall’alto delle terrazze che sovrastano i superbi porticati che cingono i cortili del Tempio.
17 Anche Gamaliele, dopo essere rimasto pensieroso qualche minuto, e par che interroghi i marmi che pavimentano il suolo per avere risposta alle sue interne domande, si riavvia verso l’uscita dopo aver scrollato testa e spalle come per disappunto o sprezzo… e passa diritto davanti a Gesù senza più guardarlo.
Gesù invece lo guarda, con compassione… e alza di nuovo la voce, fortemente – è come un bronzeo squillo – per superare ogni rumore ed essere sentito dal grande scriba che se ne va deluso. Par che parli per tutti, ma
parla per lui solo, è palese.
Dice a voce altissima:
«Chi crede in Me non crede, in verità, in Me, ma in Colui che mi ha mandato, e chi vede Me vede Colui che mi ha mandato. E questo Colui è bene il Dio d’Israele! Perché non c’è altro Dio fuor che Lui.
Per questo dico: se non potete credere a Me come a colui che è detto figlio di Giuseppe di Davide ed è figlio di Maria, della stirpe di Davide, della Vergine vista dal profeta, nato a Betlemme, come è detto dalle profezie, precorso dal Battista, ancor come è detto da secoli, credete almeno alla Voce del vostro Dio che vi ha parlato dal Cielo. Credete in Me come Figlio di questo Dio d’Israele. Ché, se non credete a Chi vi ha parlato dal Cielo, non Me offendete, ma il Dio vostro di cui sono Figlio.
Non vogliate rimanere nelle tenebre! Io sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle tenebre. Non vogliate crearvi dei rimorsi, che non potreste più placare quando Io fossi tornato là donde sono venuto, e che sarebbero un ben duro castigo di Dio sulla vostra pervicacia. Io sono pronto a perdonare sinché sono fra voi, sinché il giudizio non è fatto, e per quanto sta a Me ho desiderio di perdonare. Ma diverso è il pensiero del Padre mio. Perché Io sono la Misericordia ed Egli è la Giustizia.
In verità vi dico che, se uno ascolta le mie parole e non le osserva poi, Io non lo giudico. Non sono venuto nel mondo per giudicare, ma per salvare il mondo. Ma anche se Io non giudico, in verità vi dico che vi è chi vi giudica per le vostre azioni. Il Padre mio, che mi ha mandato, giudica coloro che respingono la sua Parola. Sì, chi mi disprezza e non riconosce la Parola di Dio e non riceve le parole del Verbo, ecco che ha chi lo giudica: la stessa Parola che Io ho annunziata, quella lo giudicherà nel giorno estremo.
Dio non si irride, è detto. E il Dio irriso sarà terribile a coloro che lo giudicarono pazzo e mentitore.
Ricordate tutti che le parole che mi avete sentito dire sono di Dio. Perché Io non ho parlato di mio, ma il Padre che mi ha mandato, Egli stesso mi ha prescritto quello che debbo dire e di che devo parlare. E Io ubbi-disco al suo comando perché Io so che il suo comandamento è giusto. Vita eterna è ogni comando di Dio. Ed Io, vostro Maestro, vi do l’esempio di ubbidienza ad ogni comando di Dio, Perciò siate certi che le cose che vi ho dette e vi dico, le ho dette e le dico così come mi ha detto il Padre mio di dirvele. E il Padre mio è il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe; il Dio di Mosè, dei patriarchi e dei profeti, il Dio d’Israele, il Dio vostro».
Parole di luce, che cadono nelle tenebre che già si incupiscono nei cuori!
Gamaliele, che si era nuovamente fermato, a capo chino, riprende ad andare… Altri lo seguono crollando il capo o sogghignando…
18 Anche Gesù se ne va… Ma prima dice a Giuda di Keriot: «Va’ dove devi andare», e agli altri: «Ognuno è libero di andare. Dove deve o dove vuole. Con Me restino i discepoli pastori».
«Oh! prendi anche me con Te, Signore! », dice Stefano.
«Vieni … ».
Si separano. Non so dove va Gesù. Ma so dove va Giuda di Keriot. Va alla porta Speciosa o Bella, salendo i diversi scalini che dall’atrio dei Gentili portano a quello delle donne, e dopo averlo attraversato, salendo al termine di esso altri scalini, occhieggia nell’atrio degli Ebrei e con ira batte il piede al suolo non trovando chi cerca.
Torna indietro. Vede una delle guardie del Tempio. La chiama. Ordina, con la sua solita arroganza: «Va’ da Eleazar ben Anna. Che venga subito alla Bella. Lo attende Giuda di Simone per cose gravi».
Si appoggia a una colonna e attende. Poco tempo. Eleazaro figlio di Anna, Elchia, Simone, Doras, Cornelio, Sadoc, Nahum e altri accorrono con un grande svolazzio di vesti.
Giuda parla a voce bassa ma concitata: «Questa sera! Dopo la cena. Al Getsemani. Veniteci e prendetelo. Datemi il denaro».
«No. Te lo daremo quando tu verrai a prenderci questa sera. Non ci fidiamo di te! Ti vogliamo con noi. Non si sa mai!», ghigna Elchia. Gli altri assentono in coro.
Giuda avvampa di sdegno per l’insinuazione. Giura: «Lo giuro su Jeové che dico il vero! ».
Sadoc gli risponde: «Va bene. Ma è meglio fare così. Quando è l’ora tu vieni, prendi i preposti alla cattura e vai con loro, ché non avvenga che le guardie stolte arrestino Lazzaro, al caso, e facciano accadere guai. Tu indicherai ad esse, con un segno, l’uomo… Devi capire! È notte,… ci sarà poca luce… le guardie saranno stanche, assonnate… Ma se tu guidi!… Ecco! Che dite?». Si volge ai compagni il perfido Sadoc e dice: «Io proporrei per segnale un bacio. Un bacio! Il miglior segno per indicare l’amico tradito. Ah! Ah! ».
Ridono tutti. Un coro di demoni sghignazzanti.
Giuda è furente. Ma non arretra. Non arretra più. Soffre per lo scherno che gli fanno, non per quello che sta per fare. Tanto che dice: «Ma ricordate che voglio le monete contate nella borsa prima di uscire di qui con le guardie».
«Le avrai! Le avrai! Anche la borsa ti daremo, perché tu possa conservare quelle monete come reliquia del tuo amore. Ah! Ah! Ah! Addio, serpe! ».
Giuda è livido. È già livido. Non perderà mai più (luci colore e quell’espressione di spavento disperato. Essa, anzi, coll’andar delle ore si accentuerà sempre più, sino ad essere insostenibile alla vista quando penzolerà dall’albero… Fugge via…
19 Gesù si è rifugiato nel giardino di una casa amica. Un quieto giardino delle prime case di Sion. Mura alte e antiche lo cingono. È silenzioso e fresco, coperto come è dalle fronde semoventi di vecchi alberi. Una voce di donna canta poco lontano una dolce ninna-nanna.
Devono essere passate delle ore, perché i servi di Lazzaro, di ritorno dopo essere andati non so dove, dicono:
«I tuoi discepoli sono già nella casa dove si prepara per la cena, e Giovanni, dopo aver portato con noi i frutti ai figli di Giovanna di Cusa, se ne è andato a prendere le donne per accompagnarle da Giuseppe di Alfeo, che è venuto solo oggi, quando sua madre non sperava più di vederlo, e poi da lì alla casa della cena, perché è il vespero».
«Andremo anche noi. Sono venute le ore delle cene. .. ». Gesù si alza rimettendosi il manto.
«Maestro, lì fuori ci sono delle persone. Persone di censo. Vorrebbero parlarti senza esser viste dai farisei», dice un servo.
«Falli entrare. Ester non si opporrà. Non è vero, donna?», dice Gesù rivolgendosi ad una matura donna che sta accorrendo per salutarlo.
«No, Maestro. La mia casa è tua, lo sai. Per troppo poco hai usato di essa!».
«Tanto che basti a dire al mio cuore: era casa amica». Ordina al servo: «Conduci chi attende».
20 Entrano una trentina di persone di dignitoso aspetto. Ossequiano. Uno parla per tutti: «Maestro, le tue parole ci hanno scosso. Abbiamo sentito in Te la voce di Dio. Ma ci dicono folli perché crediamo in Te. Che fare allora?».
«Non a Me crede chi crede in Me, ma crede a Colui che mi ha mandato e del quale oggi avete sentito la voce santissima. Non Me vede chi vede Me, ma vede Colui che mi ha mandato, perché Io sono una sola cosa col Padre mio. Per questo vi dico che dovete credere per non offendere Dio che mi è e vi è Padre, e vi ama sino a sacrificarvi il suo Unigenito. Ché, se è dubbio nei cuori che Io sia il Cristo, non vi è dubbio che Dio sia nel Cielo. E la voce di Dio, che Io ho chiamato Padre, oggi al Tempio, chiedendogli di dare gloria al suo Nome, ha risposto a Colui che Padre lo chiamava, e senza dirgli “mentitore o bestemmiatore” come molti dicono. Dio ha confermato chi Io sono. La sua Luce. Io sono la Luce venuta al mondo. Io sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle Tenebre. Se uno ascolta le mie parole e poi non le osserva, lo non lo giudico. Non sono venuto a giudicare il mondo ma a salvare il mondo. Chi mi disprezza e non riceve le mie parole ha chi lo giudica. La Parola da Me annunciata, quella sarà che lo giudicherà nel giorno estremo. Perché era sapiente, perfetta, dolce, semplice, così come è Dio. Perché quella Parola è Dio. Non sono Io, Gesù di Nazaret, detto il figlio di Giuseppe legnaiolo della stirpe di Davide e figlio di Maria, fanciulla ebrea, vergine della stirpe di Davide sposata a Giuseppe, che ho parlato. No. Io non ho parlato di mio. Ma è il Padre mio, Colui che è nei Cieli e ha nome Jeové, Colui che oggi ha parlato, Colui che mi ha mandato, che mi ha prescritto quello che devo dire e di che ho da parlare. E Io so che nel suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che dico le dico come me le ha dette il Padre, e in esse è Vita. Per questo vi dico: ascoltatele. Mettetele in pratica e avrete la Vita. Perché la mia parola è Vita. E chi l’accoglie, accoglie, insieme a Me, il Padre dei Cieli che mi ha mandato a darvi la Vita. E chi ha in sé Dio ha in sé la Vita. 21 `Andate. La pace venga a voi e vi permanga».
Li benedice e congeda. Benedice anche i discepoli. Trattiene solamente Isacco e Stefano. Gli altri li bacia e li congeda. E quando sono andati, esce per ultimo insieme ai due e va con essi, per le viette più solitarie e già scure, alla casa del Cenacolo. E, giunto là, abbraccia e benedice con particolare amore Isacco e Stefano, li bacia, li benedice di nuovo, li guarda andare e poi bussa ed entra…
22 Dice Gesù:«Metterai qui le altre visioni dell’addio a mia Madre, del Cenacolo, della Cena. E ora facciamo noi due, Io e te, la vera commemorazione pasquale. Vieni… ».
Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, noi ci affidiamo per sempre a Te!