Vangelo Novus Ordo Mc 9, 41-50
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
Oggi conserviamo nel nostro cuore queste Parole del Vangelo:
«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare».
Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
Paralleli Novus ordo
Cap. CLXIX. Primo discorso della Montagna: la missione degli apostoli e dei discepoli.
22 maggio 1945
1 Gesù va solo e svelto per una via maestra. Diretto verso un monte che è bene spiegare come è fatto, perché col grafico credo che non riuscirò. Il grafico è così:
Dunque questo monte, che si alza presso la via maestra che dal lago va a ovest, dopo qualche tempo dà inizio di sé con una dolce e bassa elevazione che si prolunga per molto spazio, un pianoro da cui si vede tutto il lago con la città di Tiberiade verso il sud e le altre, meno belle, che salgono verso il nord. Poi il monte ha un altro balzo in altezza e sale con una salita piuttosto accentuata fino ad un picco, che poi si abbassa per rialzarsi di nuovo con un picco simile, in una bizzarra forma di sella.
Gesù intraprende la salita al pianoro per una mulattiera ancora abbastanza bella e raggiunge un paesetto, i cui abitanti certo sono lavoratori di questa pianura sopraelevata dove già il grano tende a spighire. Traversa il paese e procede fra i campi e i prati tutti sparsi di fiori e tutti fruscianti di messi.
Il giorno è sereno e mostra tutte le bellezze della natura circostante. Oltre la solitaria montagnola, alla quale si dirige Gesù, vi è al nord la vetta imponente dell’Hermon, la cui sommità pare un’enorme perla posata su una base di smeraldi, tanto è candida la cima incappucciata di neve mentre è verde la pendice per i boschi che la coprono. Oltre il lago, ma fra questo e l’Hermon, la pianura verde dove è il lago di Meron, che però da qui non si vede, e poi altri monti che vanno verso il lago di Tiberiade nel lato nord occidentale e, oltre il lago, monti ancora, in lontananze che li ammorbidiscono, e altre dolci pianure. A sud, oltre la via maestra, le colline che credo celino Nazaret. Più si sale e più la vista spazia. Non vedo ciò che è ad occidente perché il monte fa da parete.
2 Gesù incontra per primo l’apostolo Filippo, che pare messo di sentinella in quel posto. «Come, Maestro? Tu qui? Ti attendevamo sulla via. Io sono qua ad attendere i compagni andati in cerca di latte presso dei pastori che pasturano su queste cime. In basso, alla via, è Simone con Giuda di Simone e con loro sono Isacco e…
Oh! ecco. Venite! Venite! È qui il Maestro!».
Gli apostoli, che stanno scendendo con fiaschette e borracce, si danno a correre e i più giovani arrivano naturalmente per primi. La loro festa al Maestro è commovente. Infine si sono riuniti e mentre Gesù sorride vogliono tutti parlare, raccontare…
«Ma ti aspettavamo sulla via!».
«Avevamo pensato che non venissi neppure per oggi».
«C’è tanta gente, sai?».
«Oh! ma eravamo molto impicciati perché ci sono scribi e persino dei discepoli di Gamaliele…»
«Ma sì, Signore! Ci hai lasciati proprio sul momento buono! Non ho mai avuto tanta paura come in quel momento. Non me lo fare più uno scherzo così!».Pietro si lamenta e Gesù sorride e chiede: «Ma vi è accaduto del male?».
«Oh! no! Anzi… Oh! mio Maestro! Ma non sai che Giovanni ha parlato?… Pareva che Tu parlassi in lui. Io… noi eravamo sbalorditi… Questo ragazzo, che solo un anno fa era capace solo di gettare la rete… oh! ». Pietro è ancora ammirato e si scrolla il ridente Giovanni che tace. «Guardate se pare possibile che questo fanciullo abbia detto con questa bocca ridente quelle parole! Pareva Salomone».
«Anche Simone ha parlato bene, mio Signore. È stato proprio il “capo”» dice Giovanni.
«Sfido io! Mi ha preso e messo lì! Mah!… Dicono che ho parlato bene. Sarà. Io non lo so… perché tra lo stupore per le parole di Giovanni e la paura di parlare in mezzo a tanti e di farti fare una brutta figura, ero sbalordito…»
«Di farmi fare? A Me? Ma eri tu che parlavi e la brutta figura l’avresti fatta tu, Simone» lo stuzzica Gesù.
«Oh! per me… Non mi importava niente di me. Non volevo che ti schernissero come stolto per avere preso un ebete per tuo apostolo».
Gesù sfavilla di gioia per l’umiltà e l’amore di Pietro. Ma non chiede che: «E gli altri?».
«Anche lo Zelote ha parlato bene. Ma lui… si sa. Questo è stato la sorpresa! Ma già, da quando siamo stati in orazione, il ragazzo pare sempre coll’anima in Cielo».
«E vero! E vero!».
Tutti confermano le parole di Pietro. E poi continuano a narrare.
«E sai? Fra i discepoli ora ci sono due che, a detta di Giuda di Simone, sono molto importanti. Giuda si dà molto da fare. Eh! già! Lui conosce molti di quelli.. – in su, e li sa trattare. E gli piace parlare… Parla bene. Ma la gente preferisce sentire Simone, i tuoi fratelli e soprattutto questo ragazzo. Ieri un uomo mi ha detto: “Parla bene quel giovane (era di Giuda che parlava) ma preferisco te a lui “Oh! poveretto! Preferire me che non so che dire quattro parole!… Ma perché sei venuto qui? Il luogo di incontro era sulla via, e là siamo stati».
«Perché sapevo che vi avrei trovati qui.
3 Ora udite. Scendete e dite agli altri di venire. Anche ai discepoli noti. E che la gente non venga per oggi. Voglio parlare a voi soli».
«Allora è meglio attendere a sera. Quando ha inizio il tramonto la gente si sparge per le borgate vicine e torna al mattino attendendo Te. Se no… chi li tiene?».
«Va bene. Fate così. Vi attendo là, sulla cima. La notte è ormai mite. Possiamo dormire anche all’aperto ». «Dove vuoi, Maestro. Basta Tu sia con noi».
I discepoli vanno e Gesù riprende a salire fino alla cima, che è quella già vista nella visione dello scorso anno per la fine del discorso del Monte e per il primo incontro con la Maddalena. Ancora più ampio è il panorama che si sta facendo acceso per il tramonto che si inizia. Gesù si siede su un masso e si raccoglie in meditazione. E così sta finché lo scalpiccio dei passi sul sentiero non lo fa avvertito che gli apostoli sono di ritorno. La sera si fa vicina. Ma su quell’altura ancora il sole persiste traendo odore da ogni erba e fioretto. Dei mughetti selvaggi odorano forte e gli alti steli dei narcisi scuotono le loro stelle e i loro bocci come per chiamare le rugiade.
Gesù si alza in piedi e saluta col suo: «La pace sia con voi».
Sono molti i discepoli che salgono con gli apostoli. Isacco li capitana col suo sorriso d’asceta sul volto sottile. Si affollano tutti intorno a Gesù che sta salutando particolarmente Giuda Iscariota e Simone lo Zelote.
«Vi ho voluti tutti con Me, per stare qualche ora con voi soli e per parlare a voi soli. Ho qualcosa da dirvi per prepararvi sempre più alla missione. Prendiamo il cibo e poi parleremo, e nel sonno l’anima continuerà ad assaporare la dottrina».
Consumano la parca cena e poi si stringono a cerchio intorno a Gesù seduto su un pietrone. Sono un centinaio circa, forse più, fra discepoli e apostoli. Una corona di volti attenti che la fiamma di due fuochi rischiara bizzarramente.
4 Gesù parla piano, gestendo pacato, col viso che pare più bianco, emergente come è dall’abito azzurro cupo e al raggio della luna novella che scende proprio dove è Lui, una piccola virgola di luna nel cielo, una lama di luce che carezza il Padrone del Cielo e della terra.
«Vi ho voluti qui, in disparte, perché siete i miei amici. Vi ho chiamati dopo la prima prova fatta dai dodici, e per allargare il cerchio dei miei discepoli operanti e per udire da voi le prime reazioni dell’essere diretti da coloro che Io do a voi come miei continuatori. So che tutto è andato bene. Io sorreggevo con la preghiera le anime degli apostoli usciti dall’orazione con una forza nuova nella mente e nel cuore. Una forza che non viene da studio umano ma da completo abbandono in Dio.
5 Coloro che più hanno dato sono coloro che più si sono dimenticati. Dimenticare se stessi è ardua cosa. L’uomo è fatto di ricordi, e quelli che più hanno voce sono i ricordi del proprio io. Bisogna distinguere fra l’io e l’io. Vi è lo spirituale io dato dall’anima che si ricorda di Dio e della sua origine da Dio, e vi è l’io inferiore della carne che si ricorda di mille esigenze che tutto abbracciano di se stessa e delle passioni e che – poiché sono tante voci da fare un coro – e che soverchiano, se lo spirito non è ben robusto, la voce solitaria dello spirito che ricorda la sua nobiltà di figlio di Dio. Perciò – meno che per questo ricordo santo che bisognerebbe sempre più aizzare e tenere vivo e forte – perciò per essere perfetti come discepoli bisogna sapere dimenticare se stessi, in tutti i ricordi, le esigenze, le pavide riflessioni dell’io umano.
In questa prima prova, fra i miei dodici, coloro che hanno più dato sono coloro che più si sono dimenticati. Dimenticati non solo per il loro passato, ma anche nella loro limitata personalità. Sono coloro che non si sono più ricordati di ciò che erano e si sono talmente fusi a Dio da non temere. Di nulla. Perché le sostenutezze di alcuni? Perché si sono ricordati i loro scrupoli abituali, le loro abituali considerazioni, le loro abituali prevenzioni. Perché le laconicità di altri? Perché si sono ricordati le loro incapacità dottrinali e hanno temuto di fare brutte figure o di farmele fare. Perché le vistose esibizioni di altri ancora? Perché questi si sono ricordati le loro abituali superbie, i desideri di mettersi in vista, di essere applauditi, di emergere, di essere “qualcosa”. Infine, perché l’improvviso svelarsi di altri in una rabbinica oratoria sicura, persuasiva, trionfale? Perché questi, e questi soli – così come quelli che fino allora umili e cercanti di passare inosservati e che al momento buono hanno saputo di colpo assumere la dignità di primato a loro conferita e non mai voluta esercitare per tema di troppo presumere – hanno saputo ricordarsi di Dio. Le prime tre categorie si sono ricordate dell’io inferiore. L’altra, la quarta, dell’io superiore, e non hanno temuto. Sentivano Dio con sé, Dio in sé, e non hanno temuto. Oh! santo ardimento che viene dall’essere con Dio!
6 Or dunque ascoltate, e voi e voi, apostoli e discepoli. Voi apostoli avete già sentito questi concetti. Ma ora li capirete con più profondità. Voi discepoli non li avete ancora uditi o ne avete udito frammenti. E vi necessita di scolpirveli nel cuore. Perché Io sempre più vi userò, dato che sempre più cresce il gregge di Cristo. Perché il mondo sempre più vi assalirà, crescendo in esso i lupi contro Me Pastore e contro il mio gregge, ed Io voglio mettervi in mano le armi di difesa della Dottrina e del gregge mio. Quanto basta al gregge non basta a voi, piccoli pastori. Se è lecito alle pecore di commettere errori, brucando erbe che fanno amaro il sangue o folle il desiderio, non è lecito che voi commettiate gli stessi errori, portando molto gregge a rovina. Perché pensate che là dove è un pastore idolo periscono per veleno le pecore o per assalto di lupi.
7 Voi siete il sale della terra e la luce del mondo. Ma se falliste alla vostra missione diverreste un insipido e inutile sale. Nulla più potrebbe ridarvi sapore, posto che Dio non ve l’ha potuto dare, posto che avendolo avuto in dono voi lo avete dissalato lavandolo con le insipide e sporche acque dell’umanità, addolcendolo con il corrotto dolciore del senso, mescolando al puro sale di Dio detriti e detriti di superbia, avarizia, gola, lussuria, ira, accidia, di modo che risulta un granello di sale ogni sette volte sette granelli di ogni singolo vizio. Il vostro sale allora non è che una mescolanza di pietre in cui si sperde il misero granello sperduto, di pietre che stridono sotto il dente, che lasciano in bocca sapore di terra e fanno ripugnante e sgradito il cibo. Neppur più per usi inferiori è buono, ché farebbe nocumento anche alle missioni umane un sapere infuso nei sette vizi. E allora il sale non serve che ad essere sparso e calpestato sotto i piedi incuranti del popolo. Quanto, quanto popolo potrà calpestare così gli uomini di Dio! Perché questi vocati avranno permesso al popolo di calpestarli incurante, dato che non sono più sostanza alla quale si accorre per avere sapore di elette, di celesti cose, ma saranno unicamente detriti.
Voi siete la luce del mondo. Voi siete come questo culmine che fu l’ultimo a perdere il sole ed è il primo a inargentarsi di luna. Chi è posto in alto brilla ed è visto perché l’occhio anche più svagato si posa qualche volta sulle alture. Direi che l’occhio materiale, che viene detto specchio dell’anima, riflette l’anelito dell’anima, l’anelito inavvertito spesso ma sempre vivente finché l’uomo non è un demone, l’anelito dell’alto, dell’alto dove la istintiva ragione colloca l’Altissimo. E cercando i Cieli alza, almeno qualche volta nella vita, l’occhio alle altezze.
Vi prego di ricordarvi di ciò che facciamo tutti, fin dalla fanciullezza, entrando in Gerusalemme. Dove corrono gli sguardi? Al monte Moria, incoronato dal trionfo di marmo e oro del Tempio. E che, quando siamo nel recinto dello stesso? Di guardare le cupole preziose che splendono al sole. Quanto bello è nel sacro recinto, sparso nei suoi atrii, nei suoi portici e cortili! Ma l’occhio corre lassù. Ancora vi prego ricordarvi di quando si è in cammino. Dove va il nostro occhio, quasi per dimenticare la lunghezza del cammino, la monotonia, la stanchezza, il calore o il fango? Alle cime, anche se piccole, anche se lontane. E con che sollievo le vediamo apparire se siamo in una pianura piatta e uniforme! Qui è fango? Là è nitore. Qui è afa? Là è frescura. Qui è limitazione all’occhio? Là è ampiezza. E solo a guardarle ci sembra meno caldo il giorno, meno viscido il fango, meno triste l’andare. Se poi una città splende in cima al monte, ecco che allora non vi è occhio che non l’ammiri. Si direbbe che anche un luogo da poco si abbelli se si posa, quasi aereo, sul culmine di una montagna. Ed è per questo che nella vera e nelle false religioni, sol che si sia potuto, si sono posti i templi in alto e, se un colle od un monte non c’era, si è fatto ad essi un piedestallo di pietre, costruendo a fatica di braccia l’elevazione su cui posare il tempio. Perché si fa questo? Perché si vuole che il tempio sia visto per richiamare con la sua vista il pensiero a Dio.
Ugualmente ho detto che voi siete una luce. Chi accende un lume a sera in una casa dove lo mette? Nel buco sotto il forno? Nella caverna che fa da cantina? O chiuso dentro un cassapanco? O anche semplicemente e solamente lo si opprime col moggio? No. Perché allora sarebbe inutile accenderlo. Ma si pone il lume sull’alto di una mensola, o lo si appende al suo portalume perché essendo alto rischiari tutta la stanza e illumini tutti gli abitanti in essa. Ma appunto perché ciò che è posto in alto ha incarico di ricordare Iddio e di fare luce, deve essere all’altezza del suo compito.
8 Voi dovete ricordare il Dio vero. Fate allora di non avere in voi il paganesimo settemplice. Altrimenti diverreste alti luoghi profani con boschetti sacri a questo o quel dio e trascinereste nel vostro paganesimo coloro che vi guardano come templi di Dio.
Voi dovete portare la luce di Dio. Un lucignolo sporco, un lucignolo non nutrito di olio, fuma e non fa luce, puzza e non illumina. Una lampada nascosta dietro un quarzo sudicio non crea la leggiadria splendida, non crea il fulgido giuoco della luce sul lucido minerale. Ma langue dietro il velo di nero fumo che fa opaco il diamantifero riparo.
La luce di Dio splende là dove è solerte la volontà a pulire giornalmente dalle scorie che lo stesso lavoro, coi suoi contatti, e reazioni, e delusioni, produce. La luce di Dio splende là dove il lucignolo è immerso in abbondante liquido di orazione e di carità. La luce di Dio si moltiplica in infiniti splendori, quante sono le perfezioni di Dio delle quali ognuna suscita nel santo una virtù esercitata eroicamente, se il servo di Dio tiene netto il quarzo inattaccabile della sua anima dal nero fumo di ogni fumigante mala passione. Inattaccabile quarzo. Inattaccabile! (Gesù tuona in questa chiusa e la voce rimbomba nell’anfiteatro naturale). Solo Dio ha il diritto e il potere di rigare quel cristallo, di scriverci sopra col diamante del suo volere il suo santissimo Nome. Allora quel Nome diviene ornamento che segna un più vivo sfaccettare di soprannaturali bellezze sul quarzo purissimo.
Ma se lo stolto servo del Signore, perdendo il controllo di sé e la vista della sua missione, tutta e unicamente soprannaturale, si lascia incidere falsi ornamenti, sgraffi e non incisioni, misteriose e sataniche cifre fatte dall’artiglio di fuoco di Satana, allora no, che la lampada mirabile non splende più bella e sempre integra, ma si crepa e rovina, soffocando sotto i detriti del cristallo scheggiato la fiamma, o se non si crepa fa un groviglio di segni di inequivocabile natura nei quali si deposita la fuligine e si insinua e corrompe.
9 Guai, tre volte guai ai pastori che perdono la carità, che si rifiutano di ascendere giorno per giorno per portare in alto il gregge che attende la loro ascesi per ascendere.
Io li percuoterò abbattendoli dal loro posto e spegnendo del tutto il loro fumo.
Guai, tre volte guai ai maestri che ripudiano la Sapienza per saturarsi di scienza sovente contraria, sempre superba, talora satanica, perché li fa uomini mentre – udite e ritenete – mentre se ogni uomo ha destino di divenire simile a Dio, con la santificazione che fa dell’uomo un figlio di Dio, il maestro, il sacerdote ne dovrebbe avere già l’aspetto dalla terra, e questo solo, di figlio di Dio. Di creatura tutt’anima e perfezione dovrebbe avere aspetto. Dovrebbe avere, per aspirare a Dio i suoi discepoli. Anatema ai maestri di soprannaturale dottrina che divengono idoli di umano sapere.
Guai, sette volte guai ai morti allo spirito fra i miei sacerdoti, a quelli che col loro insapore, col loro tepore di carne mal viva, col loro sonno pieno di allucinate apparizioni di tutto ciò che è fuorché Dio uno e trino, pieno di calcoli di tutto ciò che è fuorché soprumano desiderio di aumentare le ricchezze dei cuori e di Dio, vivono umani, meschini, torpidi, trascinando nelle loro acque morte quelli che li seguono credendoli “vita”.
Maledizione di Dio sui corruttori del mio piccolo, amato gregge. Non a coloro che periscono per ignavia vostra, o inadempienti servi del Signore, ma a voi, di ogni ora e di ogni tempo, e per ogni contingenza e per ogni conseguenza, Io chiederò ragione e vorrò punizione.
Ricordatevi queste parole. Ed ora andate. Io salgo sulla cima. Voi dormite pure. Domani, per il gregge, il Pastore aprirà i pascoli della Verità».
Cap. CCLXV. Istruzioni ai dodici apostoli che iniziano il loro ministero.
28 agosto 1945
1 Gesù con gli apostoli — e ci sono tutti, segno che Giuda Iscariota, compita la sua opera, ha raggiunto i compagni — sono seduti a tavola nella casa di Cafarnao. È sera. La luce del giorno morente entra dalla porta e dalle finestre spalancate, e queste lasciano vedere il mutarsi della porpora del tramonto in un rosso paonazzo irreale, il quale agli orli si sfrangia in accartocciamenti di un color viola ardesia che finisce in grigio. Mi fa pensare ad un foglio di carta gettato sul fuoco, che si accende come il carbone sul quale è stato gettato, ma agli orli, dopo la vampa, si accartoccia e si spegne in un color piombo bluastro che finisce in un grigio perlaceo quasi bianco.
«Caldo», sentenzia Pietro accennando il nuvolone che copre l’occidente di quei colori. «Caldo. Non acqua. Quella è nebbia, non nuvola. Io questa notte dormo nella barca per avere più fresco».
«No. Questa notte andiamo fra gli uliveti. Ho bisogno di parlarvi. Ormai Giuda è tornato. È tempo di parlare. Conosco un posto ventilato. Vi staremo bene. Alzatevi e andiamo».
«È lontano?», chiedono prendendo i mantelli.
«No. Molto vicino. A un trar di frombola dall’ultima casa.
Potete lasciare i mantelli. Però prendete esca e acciarino per vederci nel rientrare».
Escono dalla stanza alta e scendono la scaletta dopo avere salutato il padrone e la moglie che frescheggiano sul terrazzo.
Gesù volta risolutamente le spalle al lago e, traversato il paese, fa un duecento o trecento metri fra gli ulivi di una prima collinetta che è alle spalle del paese. Si ferma su un ciglio che, per la sua posizione sporgente e libera da ostacoli, gode di tutta l’aria possibile a godersi in quella notte d’afa.
2 «Sediamo e prestatemi attenzione. È venuta l’ora della vostra evangelizzazione. Sono a metà circa della mia vita pubblica per preparare i cuori al mio Regno. Ora è tempo che anche i miei apostoli prendano parte alla preparazione di questo Regno. I re fanno così quando hanno deciso la conquista di un regno. Prima indagano e avvicinano persone per sentire le reazioni e lavorarle all’idea che perseguono. Poi estendono l’opera preparatoria con messi fidati, mandati nel paese da conquistare. E sempre più ne mandano finché tutto il paese è noto nelle sue particolarità geografiche e morali. Poi, fatto questo, il re porta a compimento l’opera proclamandosi re di quel luogo e incoronandosi tale. E sangue scorre per fare questo. Perché le vittorie costano sempre del sangue…».
«Noi siamo pronti a combattere per Te e a versare il nostro sangue», promettono unanimemente gli apostoli.
«Io non verserò altro sangue che quello del Santo e dei santi».
«Vuoi iniziare dal Tempio la conquista, irrompendo nell’ora dei sacrifici?…».
«Non divaghiamo, amici. Il futuro lo saprete a suo tempo. Ma non fremete d’orrore. Vi assicuro che non sconvolgerò le cerimonie con la violenza di una irruzione. Eppure saranno sconvolte e vi sarà una sera in cui il terrore impedirà la preghiera rituale. Il terrore dei peccatori. Ma Io, quella sera, sarò in pace. In pace con lo spirito mio e col mio corpo. Una pace totale, beata…».
Gesù guarda uno per uno i suoi dodici, ed è come guardasse la stessa pagina per dodici volte e vi leggesse per dodici volte la parola che vi è scritta: incomprensione. Sorride e prosegue.
3 «Dunque ho deciso di mandarvi per penetrare più avanti e più ampiamente di quanto possa fare Io da solo. Però fra il mio modo di evangelizzare e il vostro vi saranno differenze prudenziali che Io metto per non portarvi a difficoltà troppo forti, in pericoli troppo seri per la vostra anima e anche per il vostro corpo, e per non nuocere all’opera mia.
Voi non siete ancora formati al punto di poter avvicinare chicchessia senza averne danno o senza fargli danno, e tanto meno siete eroici al punto di sfidare il mondo per l’Idea andando incontro alle vendette del mondo. Perciò, andando a predicarmi non andate fra i gentili e non entrate nelle città dei samaritani, ma andate dalle pecorelle sperdute della casa d’Israele. Vi è tanto da fare anche fra queste, perché in verità vi dico che le turbe, che vi paiono tante intorno a Me, sono la centesima parte di quelle che in Israele ancora attendono il Messia e non lo conoscono né sanno che è vivente. Portate a queste la fede e la conoscenza di Me.
Nel vostro cammino predicate dicendo: “Il Regno dei Cieli è vicino”. Sia questo l’annuncio base. Su questo appoggiate tutta la vostra predicazione. Tanto avete sentito parlare del Regno da Me! Non avete che a ripetere ciò che Io vi ho detto. Ma l’uomo, per essere attirato e convinto sulle verità spirituali, ha bisogno di dolcezze materiali, come fosse un eterno bambino che non studia una lezione e non impara un mestiere se non è allettato da un dolce della mamma o un premio del maestro di scuola o del maestro del mestiere. Io, perché voi abbiate il mezzo per essere creduti e cercati, vi concedo il dono del miracolo…».
Gli apostoli scattano in piedi, meno Giacomo d’Alfeo e Giovanni, urlando, protestando, esaltandosi, ognuno a seconda del temperamento. Veramente, che si pavoneggi nell’idea del miracolo da fare non c’è che l’Iscariota che, con quel po’ po’ di conto che ha sull’anima di una accusa falsa e interessata, esclama:
«Era ora che noi pure si facesse questo per avere un minimo di autorità sulle turbe!».
Gesù lo guarda ma non dice nulla. Pietro e lo Zelote, che stanno dicendo: «No, Signore! Noi non siamo degni di tanto! Ciò spetta ai santi», dànno sulla voce a Giuda, dicendo lo Zelote: «Come ti permetti di fare rimprovero al Maestro, uomo stolto e orgoglioso?», e Pietro: «Il minimo? E che vuoi fare più del miracolo? Diventare Dio tu pure? Hai lo stesso prurito di Lucifero?».
«Silenzio!», intima Gesù.
E prosegue: «Vi è una cosa che è ancor più del miracolo e che convince ugualmente le folle e con maggiore profondità e durata: una vita santa. Ma da questa voi siete ancora lontani, e tu, Giuda, più lontano degli altri. Ma lasciatemi parlare perché è una lunga istruzione.
4 Andate perciò guarendo gli infermi, mondando i lebbrosi, risuscitando i morti del corpo o dello spirito, perché corpo e spirito possono essere ugualmente infermi, lebbrosi, morti. E voi anche sapete come si fa ad operare miracolo: con una vita di penitenza, una preghiera fervente, un sincero desiderio di far brillare la potenza di Dio, un’umiltà profonda, una viva carità, una accesa fede, una speranza che non si turba per difficoltà di sorta. In verità vi dico che tutto è possibile a chi ha in sé questi elementi. Anche i demoni fuggiranno di fronte al Nome del Signore detto da voi, avendo in voi quanto ho detto. Questo potere vi viene dato da Me e dal Padre nostro. Non si compera con nessuna moneta. Solo il nostro volere lo concede e solo la vita giusta lo mantiene. Ma, come vi è dato gratis, così gratuitamente datelo agli altri, ai bisognosi di esso. Guai a voi se avvilirete il dono di Dio facendolo servire per impinguare la vostra borsa. Non è vostra potenza, è potenza di Dio. Usatela, ma non ve ne appropriate dicendo: “È mia”. Come vi viene data, così vi può essere tolta.
Simone di Giona poco fa ha detto a Giuda di Simone: “Hai tu lo stesso prurito di Lucifero?”. Ha detto una giusta defini zione. Dire: “Io faccio ciò che fa Dio perché io sono come Dio” è imitare Lucifero. E il suo castigo è noto. Come noto è ciò che avvenne ai due che nel paradiso terrestre mangiarono il frutto proibito, per istigazione dell’Invidioso, che voleva mettere altri infelici nel suo Inferno, oltre ai ribelli angelici che già vi erano, ma anche per prurito loro proprio di superbia perfetta.
Unico frutto che vi è lecito prendere da ciò che fate sono le anime che col miracolo conquisterete al Signore e che al Signore vanno date. Ecco le vostre monete. Non altre. Nell’altra vita ne godrete il tesoro.
5 Andate senza ricchezze. Non portate con voi né oro, né argento, né monete nelle vostre cinture, non sacca da viaggio con due o più vesti e doppi calzari, né bastone da pellegrino, né armi da uomo. Perché le vostre visite apostoliche per ora saranno corte, ed ogni vigilia del sabato ci ritroveremo e potrete deporre le vesti sudate senza avere bisogno di portarvi dietro il ricambio. Non occorre il bastone perché qui dolce è il cammino, e ciò che serve su colli e pianure è ben diverso da ciò che serve nei deserti e sui monti alti. Non occorrono armi. Queste sono buone per l’uomo che non conosce la santa povertà e ignora il divino perdono. Ma voi non avete tesori da tutelare e difendere dai ladroni. Unico da temere, unico ladrone per voi, è Satana. Ed esso si vince con la costanza e la preghiera, non con spade e pugnali.
A chi vi offende perdonate. Se vi spogliassero del mantello, date anche la veste. Rimaneste anche nudi affatto per mitezza e distacco dalle ricchezze, non scandalizzerete gli angeli del Signore e neppure l’infinita Castità di Dio, perché la vostra carità vestirebbe di oro il vostro corpo nudo, e la mitezza vi farebbe ornata cintura, e il perdono verso il ladrone vi darebbe manto e corona regale. Sareste perciò vestiti meglio di un re. E non di stoffe corruttibili, ma di materie incorruttibili.
Non abbiate preoccupazioni per il vostro nutrimento. Avrete sempre quanto è appropriato alla vostra condizione e al vostro ministero, perché l’operaio è degno del nutrimento che gli viene porto. Sempre. E se gli uomini non provvedessero, Dio provvederebbe al suo operaio. Già vi ho mostrato che per vivere e per predicare non è necessario avere i ventri colmi del cibo ingurgitato. Ciò serve agli animali immondi, la cui missione è quella di ingrassare, per essere uccisi per ingrassare gli uomini. Ma voi non dovete che impinguare lo spirito vostro e altrui di cibi sapienziali. E la Sapienza si illumina ad una mente che la crapula non rende ottusa e ad un cuore che si nutre di cose soprannaturali. Voi non siete mai stati tanto eloquenti come dopo il ritiro sul monte[61]. E allora mangiaste solo quanto era necessario per non morire. Eppure al termine del ritiro eravate forti e ilari come non mai. Non è forse vero?
6 In qualunque città o luogo entrerete, informatevi che vi sia chi meriti di accogliervi. Non perché siete Simone, o Giuda, o Bartolomeo, o Giacomo, o Giovanni, e così via. Ma perché siete i messi del Signore. Foste anche stati dei rifiuti, degli assassini, dei ladri, dei pubblicani, pentiti ora e al mio servizio, meritate rispetto perché miei messi. Dico più ancora. Dico: guai a voi se avete l’apparenza di miei messi e nell’interno siete abbietti e insatanassati. Guai a voi! L’inferno è ancor poco per quello che meritate per il vostro inganno. Ma anche foste contemporaneamente messi di Dio in palese, e rifiuti, pubblicani, ladri, assassini in occulto, o anche un sospetto fosse nei cuori verso di voi, una quasi certezza, vi va dato ancora onore e rispetto perché siete miei messi. L’occhio dell’uomo deve sorpassare il mezzo e vedere il messo e il fine, vedere Dio e la sua opera al di là del mezzo troppo spesso manchevole. Solo in casi di colpa grave, ledente la fede dei cuori, Io per ora, poi chi mi succederà, provvederanno a recidere il membro guasto. Perché non è lecito che per un sacerdote demonio si perdano anime di fedeli. Non sarà mai lecito, per nascondere le piaghe nate nel corpo apostolico, permettere sopravvivenza in esso di corpi incancreniti che col loro aspetto ripugnante allontanano e col loro fetore demoniaco avvelenano.
Voi dunque vi informerete quale è la famiglia di vita più retta, là dove le donne sanno stare ritirate e i costumi sono castigati. E là entrerete e dimorerete finché non partiate dal luogo. Non imitate i fuchi che, dopo aver succhiato un fiore, passano ad altro più nutriente. Voi, sia che siate capitati fra persone di buon letto e ricca mensa, o sia che siate capitati in umile famiglia ricca solo di virtù, rimanete dove siete. Non cercate mai il “meglio” per il corpo che perisce. Ma, anzi, date ad esso sempre il peggio, riserbando tutti i diritti allo spirito. E, ve lo dico perché è bene lo facciate, date, sol che lo possiate fare, la preferenza ai poveri per la vostra sosta. Per non umiliarli, per ricordo di Me che sono e resto povero e di esser povero me ne vanto, e anche perché i poveri sono sovente migliori dei ricchi. Troverete sempre poveri giusti, mentre raro sarà trovare un ricco senza ingiustizia. Non avete perciò la scusa di dire: “Non ho trovato bontà altro che nei ricchi” per giustificare la vostra smania di benessere.
Nell’atto di entrare nella casa salutate col mio saluto, che è il più dolce che vi sia. Dite: “La pace sia con voi. La pace sia in questa casa”, oppure “la pace venga in questa casa”. Infatti voi, messi di Gesù e della Buona Novella, portate con voi la pace, e la vostra venuta in un luogo è far venire la pace in esso. Se la casa ne è degna, la pace verrà e permarrà in essa; se non ne è degna, la pace tornerà a voi. Però badate di essere voi pacifici onde avere Dio come vostro Padre. Un padre aiuta sempre. E voi, aiutati da Dio, farete tutto, e tutto bene.
Può darsi anche, anzi certo avverrà, che vi sarà città o casa che non vi ricevono e non vogliono ascoltare le vostre parole cacciandovi o deridendovi, o anche inseguendovi a colpi di pietra come profeti noiosi. E qui avrete più che mai bisogno di esser pacifici, umili, miti per abito di vita. Perché altrimenti l’ira prenderà il sopravvento e voi peccherete scandalizzando e aumentando l’incredulità dei convertendi. Mentre, se riceverete l’offesa di esser cacciati, derisi, inseguiti, con pace, voi convertirete con la predica più bella: quella silenziosa della virtù vera. Ritroverete un giorno i nemici di oggi sul vostro cammino e vi diranno: “Vi abbiamo cercato perché il vostro modo di agire ci ha fatti persuasi della Verità che annunciate. Vogliate perdonarci e accoglierci per discepoli. Perché noi non vi conoscevamo, ma ora vi conosciamo per santi. Perciò, se santi siete, dovete essere i messi di un santo, e noi crediamo ora in Lui”. Ma, nell’uscire dalla città o casa dove non siete stati accolti, scuotete da voi anche la polvere dei vostri calzari, acciò la superbia e la durezza di quel luogo non si apprenda neppure alle vostre suole. In verità vi dico: nel giorno del Giudizio, Sodoma e Gomorra saranno trattate meno duramente di quella città.
7 Ecco: Io vi mando come pecore fra i lupi. Siate dunque prudenti come le serpi e semplici come le colombe. Perché voi sapete come il mondo, che in verità è più di lupi che di pecore, usa anche con Me che sono il Cristo. Io posso difendermi col mio potere e lo farò finché non è l’ora del trionfo temporaneo del mondo. Ma voi non avete questo potere e vi necessita maggior prudenza e semplicità. Maggiore accortezza, perciò, per evitare per ora carceri e flagellazioni.
In verità voi, per ora, nonostante le vostre proteste di volere dare il sangue per Me, non sopportate neppure uno sguardo ironico o iracondo. Poi verrà un tempo in cui sarete forti come eroi contro tutte le persecuzioni, forti più di eroi, di un eroismo inconcepibile secondo il mondo, inspiegabile, e verrà detto “follia”. No, che follia non sarà! Sarà l’immedesimazione per forza di amore dell’uomo con l’Uomo Dio, e voi saprete fare ciò che Io avrò già fatto. Per capire questo eroismo occorrerà vederlo, studiarlo e giudicarlo da piani ultraterreni. Perché è cosa soprannaturale che esula da tutte le restrizioni della natura umana. I re, i re dello spirito saranno i miei eroi, in eterno re ed eroi…
In quel tempo vi arresteranno mettendovi le mani addosso, trascinandovi davanti ai tribunali, davanti ai presidi e ai re, onde vi giudichino e vi condannino per il grande peccato, agli occhi del mondo, di essere i servi di Dio, i ministri e tutori del Bene, i maestri delle virtù. E per essere questo sarete flagellati e in mille guise puniti, fino ad essere uccisi. E voi renderete testimonianza di Me ai re, ai presidi, alle nazioni, confessando col sangue che voi amate Cristo, il Figlio vero di Dio vero.
Quando sarete nelle loro mani, non vi mettete in pena su ciò che avete a rispondere e di quanto avrete a dire. Nessuna pena abbiate allora che non sia quella dell’afflizione verso i giudici e gli accusatori che Satana travia al punto da renderli ciechi alla Verità. Le parole da dire vi saranno date in quel momento. Il Padre vostro ve le metterà sulle labbra, perché allora non sarete voi che parlerete per convertire alla Fede e professare la Verità, ma sarà lo Spirito del Padre vostro quello che parlerà in voi.
8 Allora il fratello darà la morte al fratello, il padre al figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. No, non tramortite e non vi scandalizzate! Rispondete a Me. Per voi è più grande delitto uccidere un padre, un fratello, un figlio, o Dio stesso?».
«Dio non si può uccidere», dice secco Giuda Iscariota.
«È vero. È Spirito imprendibile», conferma Bartolomeo. E gli altri, pur tacendo, sono dello stesso parere.
«Io sono Dio, e Carne sono», dice calmo Gesù.
«Nessuno pensa ad ucciderti», ribatte l’Iscariota.
«Vi prego, rispondete alla mia domanda».
«Ma è più grave uccidere Dio! Si intende!».
«Ebbene, Dio sarà ucciso dall’uomo, nella Carne dell’Uomo Dio e nell’anima degli uccisori dell’Uomo Dio. Dunque, come si giungerà a questo delitto senza orrore in chi lo compie, parimenti si giungerà al delitto dei padri, dei fratelli, dei figli, contro i figli, i fratelli, i padri.
9 Sarete odiati da tutti a causa del mio Nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvo. E quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra. Non per viltà, ma per dare tempo alla neonata Chiesa di Cristo di giungere ad età non più di lattante debole e inetto, ma ad una età maggiore in cui sarà capace di affrontare la vita e la morte senza temere Morte. Quelli che lo Spirito consiglierà a fuggire, fuggano. Come Io sono fuggito quando ero pargolo. In verità, nella vita della mia Chiesa si ripeteranno tutte le vicende della mia vita d’uomo. Tutte. Dal mistero del suo formarsi all’umiltà dei primi tempi, ai turbamenti e insidie date dai feroci, alla necessità di fuggire per continuare a esistere, dalla povertà e dal lavoro indefesso fino a molte altre cose che Io vivo attualmente, che patirò in seguito, prima di giungere al trionfo eterno. Quelli invece che lo Spirito consiglia di rimanere, restino. Perché, anche se cadranno uccisi, essi vivranno e saranno utili alla Chiesa. Perché è sempre bene ciò che lo Spirito di Dio consiglia.
10 In verità vi dico che non finirete, voi e chi vi succederà, di percorrere le vie e le città di Israele prima che venga il Figlio dell’uomo. Perché Israele, per un suo tremendo peccato, sarà disperso come pula investita da un turbine e sparso per tutta la terra, e secoli e millenni, uno dopo un altro uno, e oltre, si succederanno prima che sia di nuovo raccolto sull’aia di Areuna Gebuseo[62]. Tutte le volte che lo tenterà, prima dell’ora segnata, sarà nuovamente preso dal turbine e disperso, perché Israele dovrà piangere il suo peccato per tanti secoli quante sono le stille che pioveranno dalle vene dell’Agnello di Dio immolato per i peccati del mondo. E la Chiesa mia dovrà pure, essa che sarà stata colpita da Israele in Me e nei miei apostoli e discepoli, aprire braccia di madre e cercare di raccogliere Israele sotto il suo manto come una chioccia fa coi pulcini sviati. Quando Israele sarà tutto sotto il manto della Chiesa di Cristo, allora Io verrò.
11 Ma queste saranno le cose future. Parliamo delle immediate.
Ricordatevi che il discepolo non è da più del Maestro, né il servo da più del Padrone. Perciò basti al discepolo di essere come il Maestro, ed è già immeritato onore; e al servo di essere come il Padrone, ed è già soprannaturale bontà concedervi che ciò sia. Se hanno chiamato Belzebù il padrone di casa, come chiameranno i suoi servi? E potranno i servi ribellarsi se il Padrone non si ribella, non odia e maledice, ma calmo nella sua giustizia continua la sua opera, trasferendo il giudizio ad altro momento, quando, dopo avere tutto tentato per persuadere, avrà visto in essi l’ostinazione nel Male? No. Non potranno i servi fare ciò che non fa il Padrone, ma bensì imitarlo, pensando che essi sono anche peccatori mentre Egli era senza peccato. Non temete dunque quelli che vi chiameranno: “demoni”. La verità, verrà un giorno che sarà nota e si vedrà allora chi era il “demonio”. Se voi o loro.
Non c’è niente di nascosto che non si abbia a rivelare, e niente di segreto che non si abbia a sapere. Quello che ora Io vi dico nelle tenebre e in segreto, perché il mondo non è degno di sapere tutte le parole del Verbo — non è ancora degno di questo, né è ora di dirlo anche agli indegni — voi, quando sarà l’ora che tutto deve esser noto, ditelo nella luce, dall’alto dei tetti gridate ciò che ora Io vi sussurro più all’anima che all’orecchio. Perché allora il mondo sarà stato battezzato dal Sangue, e Satana avrà contro uno stendardo per cui il mondo potrà, volendo, comprendere i segreti di Dio, mentre Satana non potrà nuocere altro che su chi desidera il morso di Satana e lo preferisce al mio bacio. Ma otto parti su dieci del mondo non vorranno comprendere. Solo le minoranze saranno volonterose di sapere tutto per seguire tutto che è mia Dottrina. Non importa. Siccome non si può separare queste due parti sante dalla massa ingiusta, predicate anche dai tetti la mia Dottrina, predicatela dall’alto dei monti, sui mari senza confine, nelle viscere della Terra. Se anche gli uomini non l’ascolteranno, raccoglieranno le divine parole gli uccelli ed i venti, i pesci e le onde, e ne serberanno l’eco le viscere del suolo per dirlo alle interne sorgenti, ai minerali, ai metalli, e ne gioiranno tutti, perché essi pure sono creati da Dio per essere di sgabello ai miei piedi e di gioia al mio cuore.
Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima, ma temete solo quello che può mandare a perdizione la vostra anima e ricongiungere nell’ultimo Giudizio questa al risorto corpo, per gettarli nei fuochi d’Inferno. Non temete. Non si vendono forse due passeri per un soldo? Eppure, se il Padre non lo permette, non uno di essi cadrà nonostante tutte le insidie dell’uomo. Non temete dunque. Voi siete noti al Padre. Noti gli sono nel loro numero anche i capelli che avete sul capo. Voi siete dappiù di molti passeri! Ed Io vi dico che chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anche Io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei Cieli. Ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anche Io lo rinnegherò davanti al Padre mio. Riconoscere qui è per seguire e praticare; rinnegare è per abbandonare la mia via per viltà, per concupiscenza triplice, o per calcolo meschino, per affetto umano verso uno dei vostri, contrari a Me. Perché ci sarà questo.
12 Non pensate che Io sia venuto a mettere concordia sulla Terra e per la Terra. La mia pace è più alta delle calcolate paci per il barcamenare di ogni giorno. Non sono venuto a mettere la pace, ma la spada. La spada tagliente per recidere le liane che trattengono nel fango e aprire le vie ai voli nel soprannaturale. Perciò Io sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera. Perché Io sono Colui che regna e ha ogni diritto sui suoi sudditi. Perché nessuno è più grande di Me nei diritti sugli affetti. Perché in Me si accentrano tutti gli amori sublimandosi, ed Io sono Padre, Madre, Sposo, Fratello, Amico, e vi amo come tale, e come tale vado amato. E quando dico: “Voglio”, nessun legame può resistere e la creatura è mia. Io col Padre l’ho creata, Io da Me stesso la salvo, Io ho il diritto di averla.
In verità i nemici dell’uomo sono gli uomini oltre che i demoni; e i nemici dell’uomo nuovo, del cristiano, saranno quelli di casa, coi loro lamenti, minacce o suppliche. Chi però d’ora in poi amerà il padre e la madre più di Me non è degno di Me; chi ama il figlio o la figlia più di Me non è degno di Me. Chi non prende la sua croce quotidiana, complessa, fatta di rassegnazioni, di rinunce, di ubbidienze, di eroismi, di dolori, di malattie, di lutti, di tutto quello che manifesta la volontà di Dio o una prova dell’uomo, e con essa non mi segue, non è degno di Me. Chi tiene conto della sua vita terrena più di quella spirituale perderà la Vita vera. Chi avrà perduto la sua vita terrena per amore mio la ritroverà eterna e beata.
13 Chi riceve voi riceve Me. Chi riceve Me riceve Colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta come profeta riceverà premio proporzionato alla carità data al profeta, chi un giusto come giusto riceverà un premio proporzionato al giusto. E ciò perché chi riconosce nel profeta il profeta è segno che è profeta lui pure, ossia molto santo perché tenuto fra le braccia dallo Spirito di Dio, e chi avrà riconosciuto un giusto come giusto dimostra di essere lui stesso giusto, perché le anime simili si riconoscono. Ad ognuno dunque sarà dato secondo giustizia.
Ma a chi avrà dato anche un solo calice d’acqua pura ad uno dei miei servi, fosse anche il più piccolo — e sono servi di Gesù tutti quelli che lo predicano con una vita santa, e possono esserlo i re come i mendicanti, i sapienti come coloro che non sanno nulla, i vecchi come i pargoli, perché in tutte le età e le classi si può essere miei discepoli — chi avrà dato ad un mio discepolo anche un calice d’acqua in mio nome e perché mio discepolo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa.
14 Ho detto. Ora preghiamo e poi andiamo a casa. All’alba partirete e così: Simone di Giona con Giovanni, Simone Zelote con Giuda Iscariota, Andrea con Matteo, Giacomo d’Alfeo con Tommaso, Filippo con Giacomo di Zebedeo, Giuda mio fratello con Bartolomeo. Questa settimana così. Poi darò il nuovo ordine. Preghiamo».
E pregano ad alta voce…
Cap. CCCLII. Un peccatore convertito dalla Maddalena. Parabola per il piccolo Beniamino e lezione su chi è il più grande, sullo scandalo ai bambini e sull’uso del nome di Gesù.
6 Dicembre 1945
1 E proprio mentre si incendiano cielo e lago per i fuochi del tramonto, essi tornano verso Cafarnao. Sono contenti. Parlano fra di loro. Gesù parla poco, ma sorride. Notano che, se il messaggero fosse stato più preciso, avrebbero potuto risparmiare sulla strada. Ma però, anche, dicono che la fatica è valsa, perché un gruppo di piccoli figli ha avuto un padre guarito quando già raffreddava per la morte vicina, e anche perché non sono più senza un minimo di denaro.
«Ve lo avevo detto che il Padre avrebbe provveduto a tutto », dice Gesù.
«Ed è un antico amante di Maria di Magdala?», chiede Filippo.
«Pare… A quello che ci hanno detto… », risponde Tommaso.
«A Te, Signore, che disse l’uomo?», chiede Giuda d’Alfeo.
Gesù sorride evasivamente.
«Io l’ho visto più di una volta con lei quando andavo a Tiberiade con amici. Questo è certo», asserisce Matteo.
«Su, fratello, accontentaci… L’uomo ti chiese solo di guarire o di essere perdonato anche?», chiede Giacomo d’Alfeo.
«Che domanda senza ragione! Quando mai il Signore non esige pentimento per concedere grazia?», dice l’Iscariota con alquanto sdegno per Giacomo d’Alfeo.
«Mio fratello non ha detto una stoltezza. Gesù guarisce o libera e poi dice: “Và e non peccare”», gli risponde il Taddeo.
«Ma perché vede già il pentimento nei cuori», ribatte l’Iscariota.
«Negli indemoniati non c’è pentimento né volontà di essere liberati. Non uno lo ha dimostrato tutto ciò. Ricordati ogni caso e vedrai che o fuggivano o si avventavano nemici, o quanto meno, tentavano l’una o l’altra cosa, e non vi riuscivano solo perché impediti a completarla dai parenti», replica il Taddeo.
«E dal potere di Gesù», aumenta lo Zelote.
«Ma allora Gesù tiene conto del volere dei parenti che rappresentano il volere dell’indemoniato, il quale, se non fosse impedito dal demonio, vorrebbe liberazione».
«Oh! quante sottigliezze! E per i peccatori allora? Mi pare che usi la stessa formula, anche se non sono indemoniati», dice Giacomo di Zebedeo.
«A me ha detto: “Seguimi”, e non gli avevo ancora detto una parola io, in merito al mio stato», osserva Matteo.
«Ma te la vedeva in cuore», dice l’Iscariota che vuole avere sempre ragione ad ogni costo.
2 «E va bene! Ma quell’uomo, a voce di popolo grande libidinoso e grande peccatore, e non indemoniato, o meglio non posseduto – perché un demonio, coi suoi peccati, lo doveva avere a maestro se non a possessore – moribondo, e così via, cosa ha chiesto insomma? Stiamo andando a passeggio fra le nubi, mi pare… Stiamo alla prima domanda », dice Pietro.
Gesù lo accontenta: «Quell’uomo ha voluto essere solo con Me per poter parlare con libertà. Non ha esposto subito il suo stato di salute… ma quello dello spirito suo. Ha detto: “Sono morente, ma non ancora come ho fatto credere per poterti avere con sollecitudine. Ho bisogno del tuo perdono per guarire. Mi basta questo. Se guarire non mi farai, mi rassegnerò. L’ho meritato. Ma fà salva l’anima mia”, e mi ha confessato le sue colpe… ». Gesù dice così, ma il suo viso splende di gioia.
«E tu ne sorridi, Maestro? Mi fa specie! », osserva Bartolomeo.
«Si, Bartolomai. Ne sorrido perché esse non sono più e perché con le colpe ho saputo il nome della redentrice. L’apostolo fu una donna in questo caso».
«Tua Madre!», dicono in molti.
E altri: «Giovanna di Cusa! Se lui andava a Tiberiade sovente, forse la conosce».
Gesù scrolla il capo.
Gli chiedono: «Chi allora?».
«Maria di Lazzaro», risponde Gesù.
«È venuta qui? Perché non si è fatta vedere da nessuno di noi?».
«Non è venuta. Ha scritto al suo antico compagno di colpa. Ho letto le lettere. Supplicano tutte la stessa cosa: di ascoltarla, di redimersi come lei si è redenta, di seguirla nel bene come l’aveva seguita nella colpa, e con parole di lacrime lo pregano di alleggerire l’anima di Maria dal rimorso di avere sedotto la sua anima. E lo ha convertito. Tanto che si era isolato nella sua campagna per vincere le tentazioni delle città. La malattia, più di rimorso d’anima che di fisico, ha finito di prepararlo alla Grazia. Ecco. Siete contenti adesso? Comprendete ora perché sorrido?».
«Si, Maestro», dicono tutti. E poi, vedendo che Gesù allunga il passo come per isolarsi, si mettono a bisbigliare fra di loro…
3 Sono già alle viste di Cafarnao quando, allo sbocco della via fatta da loro con quella che costeggia il lago venendo da Magdala, incrociano i discepoli venuti a piedi evangelizzando da Tiberiade. Tutti meno Marziam, i pastori e Mannaen, che sono andati da Nazaret verso Gerusalemme con le donne. E anzi i discepoli sono aumentati per qualche altro elemento che si è unito a loro di ritorno dalla missione e che porta seco nuovi proseliti della dottrina cristiana.
Gesù li saluta dolcemente, ma subito si torna ad isolare in una meditazione ed orazione profonda, avanti di qualche passo da loro.
Gli apostoli invece si imbrancano con i discepoli, specie coi più influenti, ossia Stefano, Erma, il sacerdote Giovanni, Giovanni lo scriba, Timoneo, Giuseppe di Emmaus, Ermasteo (che da quel che capisco vola sulla via della perfezione), Abele di Betlemme di Galilea, la cui madre è in fondo alla turba con altre donne. E discepoli e apostoli si scambiano domande e risposte su quanto è avvenuto da quando si sono lasciati. Così viene raccontato della guarigione e della conversione di oggi, e del miracolo dello statere nella bocca del pesce… Questo, per le cause che lo hanno originato, suscita un grande parlare che si propaga da fila a fila come un fuoco appiccato a paglie asciutte…
4 Dice Gesù:
«Qui metterete la visione del 7 marzo 1944: “Il piccolo Beniamino di Cafarnao”, senza il commento. E proseguirete con il resto della lezione e della visione. Và avanti».
Premetto di omettere l’ultima frase: «La visione mi cessa qui ecc.». Sarebbe fuori luogo ora che la visione prosegue.
7 Marzo 1944
5 Vedo Gesù che cammina per una strada di campagna, seguito e contornato dai suoi apostoli e discepoli.
Il lago di Galilea traluce poco lontano tutto quieto e azzurro sotto un bel sole o di primavera o di autunno, perché non è un sole violento come quello estivo. Ma direi che è primavera, perché la natura è molto fresca, senza quei toni dorati e stanchi che si vedono in autunno.
Sembra che, data la sera che si avvicina, Gesù si ritiri nella casa ospitale e si diriga perciò al paese che si vede già apparire. Gesù, come fa sovente, è qualche passo più avanti dei discepoli. Due o tre, non di più, ma tanto da poter isolarsi nei suoi pensieri, bisognoso di silenzio, dopo una giornata di evangelizzazione. Cammina assorto, tenendo nella mano destra un rametto verde, certo colto a qualche cespuglio, col quale frusta leggermente, soprappensiero, le erbe della proda.
Dietro di Lui i discepoli parlano invece animatamente. Rievocano gli episodi della giornata e non hanno la mano troppo leggera per pesare i difetti altrui e le altrui cattiverie. Tutti più o meno criticano il fatto che quelli della riscossione del tributo al Tempio abbiano voluto essere pagati da Gesù.
Pietro, sempre veemente, definisce ciò un sacrilegio, perché il Messia non è tenuto a pagare il tributo: «Questo è come volere che Dio paghi a Se stesso», dice. «E ciò non è giusto. Se poi credo che Egli non sia il Messia diventa un sacrilegio».
Gesù si volta un momento di dice: «Simone, Simone, ce ne saranno tanti che dubiteranno di Me! Anche fra chi crede di esser sicuro e incrollabile nella fede in Me. Non giudicare i fratelli, Simone. Giudica sempre per primo te stesso».
Giuda, con un sorrisetto ironico, dice all’umiliato Pietro che ha curvato il capo: «Questa è per te. Perché sei il più anziano vuoi sempre fare il dottore. Non è detto che si vada giudicati nel merito per età. Fra noi vi è chi ti supera per sapere e per potere sociale».
Si accende una discussione sui rispettivi meriti. E chi vanta d’esser fra i primi discepoli, e chi appoggia la sua tesi di preferenza al posto influente lasciato per seguire Gesù, e chi dice che nessuno come lui ha dei diritti perché nessuno come lui ha convertito tanto se stesso passando da pubblicano a discepolo. La discussione va per le lunghe e, se non temessi di offendere gli apostoli, direi che assume il tono di una vera lite.
Gesù se ne astrae. Pare non udire più nulla. Intanto si è giunti alle prime case del paese, che so essere Cafarnao. Gesù prosegue, e gli altri dietro, sempre discutendo.
6 Un bimbetto di un sette, otto anni, corre saltellando dietro a Gesù. Lo raggiunge sorpassando il gruppo vociferante degli apostoli. È un bel bambino dai capelli castano scuro tutti ricciuti, corti. Ha due occhietti neri, intelligenti nel visetto bruno. Chiama confidenzialmente il Maestro come lo conoscesse bene. «Gesù», dice, «mi lasci venire con Te fino a casa tua?».
«La mamma lo sa?», chiede Gesù guardandolo con un sorriso buono.
«Lo sa».
«In verità?». Gesù, pur sorridendo, guarda con sguardo penetrante.
«Si, Gesù, in verità».
«Allora vieni».
Il bambino fa un salto di gioia e afferra la mano sinistra di Gesù che gliela porge. Con che amorosa fiducia il bambino mette la sua manina bruna nella lunga mano del mio Gesù! Vorrei fare altrettanto anche io!
«Raccontami una bella parabola, Gesù », dice il bambino saltellando al fianco del Maestro e guardandolo da sotto in su con un visetto splendente di gioia.
Anche Gesù lo guarda con un allegro sorriso che gli schiude la bocca ombreggiata di baffi e dalla barba biondo-rossa, che il sole accende come fosse d’oro. Gli occhi di zaffiro scuro gli ridono di gioia mentre guarda il bambino.
«Cosa te ne fai della parabola? Non è un gioco».
«E’ più bella di un gioco. Quando vado a dormire me la penso e poi me la sogno e domani me la ricordo e me la ridico per essere buono. Mi fa essere buono».
«Te la ricordi?».
«Si. Vuoi che ti dica tutte quelle che mi hai dette?».
«Sei bravo, Beniamino, più degli uomini, che dimenticano. In premio ti dirò la parabola».
Il bambino non salta più. Cammina serio e composto come un adulto e non perde una parola, non un’infles-sione di Gesù, che guarda attentamente, senza più occuparsi neppure di dove mette i piedi.
7 «Un pastore molto buono, venuto a conoscenza che in un luogo del creato erano molte pecore abbandonate da pastori poco buoni, le quali pericolavano su vie perverse e in pascoli nocivi e andavano sempre più verso burroni privi di luce, venne in quel posto e, sacrificando tutto il suo avere, acquistò quelle pecore e quegli agnelli. Voleva portarli nel suo regno, perché quel pastore era anche re come lo sono stati tanti re in Israele. Nel suo regno quelle pecore e quegli agnelli avrebbero trovato pascoli sani, fresche e pure acque, vie sicure e ripari in abbattibili contro i ladroni e i lupi feroci. Perciò quel pastore radunò le sue pecore e i suoi agnelli e disse loro: “Sono venuto a salvarvi, a portarvi dove non soffrirete più, dove non conoscerete più insidie e dolore. Amatemi, seguitemi perché io vi amo tanto e per avervi mi sono sacrificato in tutti i modi. Ma se mi amerete, il mio sacrificio non mi peserà. Venitemi dietro e andiamo”. E il pastore davanti, dietro le pecore, presero il cammino verso il regno della gioia.
Il pastore ogni momento si volgeva per vedere se lo seguivano, per esortare le stanche, per rincuorare le sfiduciate, per soccorrere le malate, per carezzare gli agnelli. Come le amava! Dava loro il suo pane e il suo sale e per primo assaggiava l’acqua delle fonti e la benediva per sentire se era sana e per renderla santa. Ma le pecore – lo credi Beniamino? – le pecore dopo qualche tempo si stancarono. Prima una, poi due, poi dieci, poi cento, rimasero indietro a brucare l’erba fino ad empirsi senza poter più muoversi, e si sdraiarono stanche e sazie nella polvere e nel fango. Altre si spenzolarono sui precipizi nonostante il pastore dicesse: “Non lo fate”; talune, poiché egli si metteva dove era maggior pericolo per impedire a loro di andarvi, lo urtarono col capo protervo e tentarono di precipitarlo più di una volta. Così molte finirono nei burroni e morirono miseramente. Altre si azzuffarono fra di loro e, incorna e intesta, si uccisero fra loro. Solo un agnellino non si distrasse mai. Esso correva, belando, e diceva col suo belato al pastore: “Ti amo”; correva dietro al pastore buono e, quando giunsero alle porte del suo regno, non erano che loro due: il pastore e l’agnellino fedele. Allora il pastore non disse: “entra”, ma disse “vieni”, e lo prese sul petto, fra le braccia, e lo portò dentro chiamando tutti i suoi sudditi e dicendo loro: “Ecco, costui mi ama. Voglio che sia meco in eterno. E voi amatelo perché esso è il prediletto del mio cuore”.
8 La parabola è finita, Beniamino. Ora mi sai dire: chi è quel pastore buono?».
«Tu sei, Gesù».
«E quell’agnellino chi è?».
«Io sono, Gesù».
«Ma ora Io andrò via. Tu ti dimenticherai di Me».
«No, Gesù. Non mi dimenticherò perché ti amo».
«L’amore ti cesserà quando non mi vedrai più».
«Dirò dentro di me le parole che Tu mi hai dette e sarà come Tu fossi presente. Ti amerò e ubbidirò così. E, dimmi, Gesù: Tu ti ricorderai di Beniamino?».
«Sempre».
«Come farai a ricordarti? ».
«Mi dirò che tu mi hai promesso d’amarmi e di ubbidirmi e mi ricorderò così di te ».
«E mi darai il tuo Regno?».
«Se sarai buono, si».
«Sarò buono».
«Come farai? La vita è lunga».
«Ma anche le tue parole sono tanto buone. Se io me le dirò e farò quello che esse dicono di fare, mi conserverò buono per tutta la vita. E lo farò perché ti amo. Quando si vuol bene non è fatica essere buoni. A me non è fatica ubbidire alla mamma perché le voglio bene. Non mi sarà fatica essere ubbidiente a Te perché ti voglio bene».
Gesù si è fermato e guarda il visetto acceso dall’amore più che dal sole. La gioia di Gesù è così viva che pare un altro sole si sia acceso nella sua anima e irraggi dalle pupille. Si china e bacia sulla fronte il bambino.
9 Si è fermato davanti ad una casetta modesta con un pozzo sul davanti. Gesù va poi a sedersi presso il pozzo e là lo raggiungono i discepoli, che ancora stanno misurando le rispettive prerogative.
Gesù li guarda. Poi li chiama: «Venite qui intorno e udite l’ultimo insegnamento della giornata, voi che vi fate rochi nella celebrazione dei vostri meriti e pensate di aggiudicarvi un posto in base a quelli. Vedete questo fanciullo? Egli è nella verità più di voi. La sua innocenza gli dà la chiave per aprire le porte del mio Regno. Egli ha compreso, nella sua semplicità di pargolo, che nell’amore è la forza per divenire grandi e nell’ubbidienza fatta per amore quella per entrare nel mio Regno. Siate semplici, umili, amorosi di un amore che non è solo dato a Me ma è scambievole tra voi, ubbidienti alle mie parole, a tutte, anche a queste, se volete aggiungere dove entreranno questi innocenti. Imparate dai piccoli. Il Padre rivela loro la verità come non la rivela ai sapienti».
Gesù parla tenendo ritto contro le sue ginocchia Beniamino, al quale tiene le mani sulle spalle. Ora il volto di Gesù è pieno di Maestà. È serio, non corrucciato, ma è serio. Proprio da Maestro. L’ultimo raggio di sole gli fa un nimbo di raggi sul capo biondo.
La visione mi cessa qui, lasciandomi piena di dolcezza nei miei dolori.
[6 Dicembre 1945]
10 Dunque: i discepoli non sono potuti entrare nella casa, è naturale. Per numero e per rispetto. Non lo fanno mai se non sono invitati a farlo, in massa o in particolare, dal Maestro. Noto sempre un grande rispetto, un grande ritegno, nonostante l’affabilità del Maestro e la sua lunga dimestichezza. Anche Isacco, che potrei dire il discepolo primo, nel numero dei discepoli, non si concede mai libertà di andare a Gesù senza che un sorriso, almeno un sorriso del Maestro, non lo chiami vicino.
Un po’ diverso, no?, dal modo spicciativo e quasi burlesco con cui molti trattano ciò che è soprannaturale… Questo è un mio commento, e che sento giusto, perché non mi va giù che la gente abbia con ciò che è al di sopra di noi i modi che non abbiamo per gli uomini pari a noi, solo che siano un cincino da più di noi… Mah!… E andiamo avanti…
I discepoli, dunque, si sono sparsi sulla riva del lago a comperare pesce per la cena, pane e quanto occorre. Torna anche Giacomo di Zebedeo e chiama il Maestro, che è seduto sulla terrazza con Giovanni accoccolato ai suoi piedi in un dolce e abbandonato colloquio… Gesù si alza e si sporge dal parapetto.
Giacomo dice: «Quanto pesce, Maestro! Mio padre dice che Tu hai benedetto le reti con la tua venuta. Guarda: questo è per noi», e mostra una cesta di pesce che sembra d’argento.
«Dio gli dia grazie per la sua generosità. Preparatelo, che dopo cena andremo sulla riva coi discepoli».
E così fanno. Il lago è nero nella notte, in attesa della luna che si alza tardi. E più di vederlo lo si sente borbottare, sciacquettare fra i sassi del greto. Solo le inverosimili stelle dei paesi d’oriente si specchiano nelle acque tranquille. Si siedono in cerchio intorno ad una barchetta capovolta, sulla quale si è seduto Gesù. E i piccoli fanali delle barche, portati qui, al centro del circolo, illuminano appena i volti più vicini. Quello di Gesù è tutto illuminato da sotto in su per un fanaletto messo ai suoi piedi, e tutti perciò lo possono vedere bene mentre parla a questo e a quello.
11 E sul principio è una conversazione alla buona, familiare. Ma poi assume il tono di una lezione. Anzi Gesù lo dice apertamente:
«Venite e ascoltate. Fra poco ci separeremo e voglio ammaestrarvi ancora per formarvi meglio.
Oggi Io vi ho sentito discutere e non sempre con carità. Ai maggiori fra voi ho già dato la lezione. Ma voglio darla a voi pure, né farà male a questi, di voi maggiori, se se la sentono ripetere. Ora il piccolo Beniamino non è qui contro i miei ginocchi. Dorme nel suo letto e sogna i suoi sogni innocenti. E forse la sua anima candida è qui fra mezzo a noi lo stesso. Ma fate conto che egli, o qualche altro fanciullo, sia qui, a vostro esempio. Voi, in cuor vostro, avete tutti un chiodo fisso, una curiosità, un pericolo. Questo: essere il primo del Regno dei Cieli. Questa: sapere chi sarà questo primo. E infine il pericolo: il desiderio ancora umano di sentirsi rispondere “tu sei il primo nel Regno dei Cieli” dai compagni compiacenti o dal Maestro, soprattutto dal Maestro del quale sapete la verità e la conoscenza del futuro. Non è forse così? Le domande tremano sulle vostre labbra e vivono in fondo al cuore.
Il Maestro, per vostro bene, aderisce a questa curiosità per quanto Egli aborra di cedere alle curiosità umane. Il vostro Maestro non è un ciarlatano che si interroga per due spiccioli fra i frastuoni di un mercato. E non è uno preso dallo spirito pitonico il quale gli procura denaro col fargli fare l’indovino, per aderire alle ristrette menti dell’uomo che vogliono sapere il futuro per “regolarsi”. L’uomo non si può regolare da sé. Dio lo regola se l’uomo ha fede in Lui! E non serve sapere, o credere di sapere il futuro, se poi non si ha il mezzo per stornare il futuro profetizzato. Il mezzo è uno solo: la preghiera al Padre e Signore perché per sua misericordia ci aiuti. In verità vi dico che la preghiera fidente può mutare un castigo in benedizione. Ma chi ricorre agli uomini per potere, da uomo e con mezzi da uomo, deviare il futuro, non sa pregare affatto o sa pregare molto male. Io, questa volta, perché questa curiosità può darvi buon insegnamento, rispondo ad essa, Io che aborro le domande curiose e irrispettose.
12 Voi vi chiedete: “Chi fra noi è il più grande nel Regno dei Cieli?”.
Io annullo la limitazione del “fra noi” e allargo i confini a tutto il mondo presente e futuro, e rispondo: “Il più grande nel Regno dei Cieli è il minimo fra gli uomini”. Ossia quello che è considerato “minimo” dagli uomini. Il semplice, l’umile, il fiducioso, l’ignaro. Perciò il fanciullo, o chi sa rifarsi anima di fanciullo. Non è la scienza, non il potere, non la ricchezza, non l’attività, anche se buona, quelle che vi faranno “il più grande” nel beato Regno. Ma è l’essere come i pargoli per amorevolezza, umiltà, semplicità, fede.
Osservate come mi amano i fanciulli, e imitateli. Come credono in Me, e imitateli. Come ricordano ciò che dico, e imitateli. Come fanno ciò che insegno, e imitateli. Come non insuperbiscono di ciò che fanno, e imitateli. Come non si ingelosiscono di Me e dei compagni, e imitateli. In verità vi dico che se non mutate il vostro modo di pensare, di agire e di amare, e non ve lo rifate sul modello dei pargoli, non entrerete nel Regno dei Cieli. Essi sanno ciò che voi sapete, di essenziale, nella mia dottrina. Ma con quale differenza praticano ciò che insegno! Voi dite che per ogni atto buono che compite: “Io ho fatto”. Il fanciullo mi dice: “Gesù, mi sono ricordato di Te oggi, e per Te ho ubbidito, ho amato, ho trattenuto una voglia di rissa… e sono contento perchè Tu, io lo so, sai quando sono buono e ne si contento”. E ancora osservate i fanciulli quando mancano. Con che umiltà mi confessano: “Oggi sono stato cattivo. E mi spiace perchè ti ho dato dolore”. Non cercano scuse. Sanno che Io so. Credono. Si dolgono per il mio dolore.
Oh! cari al cuor mio, fanciulli in cui non è superbia, doppiezza, lussuria! Io ve lo dico: divenite simili ai fanciulli se volete entrare nel mio Regno. Amate i fanciulli come l’esempio angelico che ancora potete avere. Che come angeli dovreste essere. A vostra scusa potreste dire: “Noi non vediamo gli angeli”. Ma Dio vi dà i fanciulli per modelli, e quelli li avete fra voi. E se vedete un fanciullo abbandonato materialmente, o abbandonato moralmente e che può perire, accoglietelo in mio nome, perchè essi sono i molto amati da Dio. E chiunque accoglie un fanciullo in mio Nome accoglie Me stesso, perchè Io sono nell’anima dei fanciulli, che è innocente.
E chi accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato, il Signore altissimo.
13 E guardatevi dallo scandalizzare uno di questi piccoli il cui occhio vede Iddio. Non si deve mai dare scandalo a nessuno. Ma guai, tre volte guai, chi sfiora il candore ignaro dei fanciulli! Lasciateli angeli più che potete. Troppo ripugnante è il mondo e la carne per l’anima che viene dai Cieli! E il fanciullo, per la sua innocenza, è ancora tutt’anima. Abbiate rispetto all’anima del fanciullo e al suo stesso corpo, come avete rispetto al luogo sacro. Sacro è anche il fanciullo perchè ha Dio in sè. In ogni corpo è il tempio dello Spirito. Ma il tempio del fanciullo è il più sacro e profondo, è oltre il doppio Velo. Non scuotete neppure le tende della sublime ignoranza della concupiscenza col vento delle vostre passioni.
Io vorrei un fanciullo in ogni famiglia, in mezzo ad ogni accolta di persone, perchè fosse di freno alle passioni degli uomini. Il fanciullo santifica, da ristoro e freschezza solo col raggio dei suoi occhi senza malizia. Ma guai coloro che levano santità al fanciullo col loro modo di agire scandaloso! Guai a coloro che con le loro licenza dànno malizie ai fanciulli! Guai a coloro che con le loro parole e ironie ledono la fede in Me dei fanciulli! Sarebbe meglio che a tutti questi si legasse al collo una pietra da macina e si gettassero in mare perchè affogassero col loro scandalo. Guai al mondo per gli scandali che dà agli innocenti! Perchè se è inevitabile che avvengano scandali, guai all’uomo che per sua causa li provoca.
Nessuno ha il diritto di fare violenza al suo corpo e alla sua vita. Perchè vita e corpo ci vengono da Dio, e solo Lui ha il diritto di prenderne delle parti o il tutto. Ma però Io vi dico che se la vostra mano vi scandalizza è meglio che la mozziate, che se il vostro piede vi porta a dare scandalo è bene che voi lo mozziate. Meglio per voi entrare monchi o zoppi nella Vita che essere gettati nel fuoco eterno con le due mani e i due piedi. E se non basta avere mozzo un piede o una mano, fate che vi siano mozzati anche l’altra mano o l’altro piede, per non fare più scandalo e per avere tempo di pentirvi prima di essere lanciati dove il fuoco non si estingue, e rode come un verme in eterno. E se è il vostro occhio che vi è cagione di scandalo, cavatelo. E’ meglio essere orbi di un occhio che essere nell’inferno con tutti e due. Con un occhio solo, o anche senz’occhi, giunti al Cielo vedreste la Luce, mentre coi due occhi scandalosi, tenebre e orrore vedreste nell’inferno. E questo solo.
14 Ricordatevi tutto questo. Non disprezzate i piccoli, non scandalizzateli, non derideteli. Sono da più di voi, perchè i loro angeli vedono sempre Iddio che dice loro le verità da rivelare ai fanciulli e a quelli dal cuore di fanciullo.
E voi come fanciulli amatevi fra di voi. Senza dispute, senza orgogli, State in pace fra voi. Abbiate spirito di pace con tutti. Fratelli siete, nel nome del Signore, e non nemici. Non ci sono, non ci devono essere nemici per i discepoli di Gesù.L’unico nemico è satana. Di quello siate nemici acerrimi, scendendo in battaglia contro di lui e contro i peccati che portano satana nei cuori.
Siate instancabili nel combattere il male quale che sia la forma che assume. E pazienti. Non c’è limitazione all’operare dell’apostolo, perchè non c’è limitazione all’operare del male. Il demonio non dice mai: “Basta. Ora sono stanco e mi riposo”. Egli è instancabile. Passa agile come il pensiero, e più ancora, da questo a quell’uomo, e tenta e prende, e seduce, e tormenta, e non dà pace. Assale proditoriamente e abbatte se non si è più che vigilanti. Delle volte si insedia da conquistatore per debolezza dell’assalito, altre vi entra da amico, perchè il modo di vivere della preda cercata è già tale da essere alleanza col nemico. Tal’altra, scacciato da uno, gira e piomba sul migliore, per farsi vendetta dello smacco avuto da Dio o da un servo di Dio. Ma voi dovete dire ciò che dice lui: “Io non riposo”. Lui non riposa per popolare l’inferno. Voi non dovete riposare per popolare il Paradiso. Non dategli quartiere. Io vi predìco che più lo combatterete più vi farà soffrire. Ma non dovete tenere conto di ciò. Egli può scorrere le Terra. Ma nel Cielo non penetra. Perciò là non vi darà più noia. E là saranno tutti quelli che lo hanno combattuto… ».
15 Gesù si interrompe bruscamente e chiede: «Ma insomma, perchè date sempre noia a Giovanni? Che vogliono da te?».
Giovanni si fa rosso come una fiamma e Bartolomeo, Tommaso, l’Iscariota chinano la testa vedendosi scoperti.
«Ebbene?», chiede con imperio Gesù.
«Maestro, i miei compagni vogliono che io ti dica una cosa. ».
«Dilla, dunque».
«Oggi, mentre Tu eri da quel malato, e noi giravamo per il paese come Tu avevi detto, abbiamo visto un uomo, che non è tuo discepolo e che neppure mai abbiamo notato fra quelli che ascoltano la tua dottrina, il quale cacciava dei demoni in tuo nome da un gruppo di pellegrini che andavano a Gerusalemme. E ci riusciva. Ha guarito uno che aveva un tremito che gli impediva ogni lavoro, e ha reso la favella a una fanciulla che era stata assalita nel bosco da un demonio in forma di cane che le aveva legato la lingua. Egli diceva: “Vattene, demonio, in nome del Signore Gesù il Cristo, Re della stirpe di Davide, Re d’Israele. Egli è il Salvatore e Vincitore. Fuggi davanti al suo Nome!”, e il demonio fuggiva realmente. Noi ci siamo risentiti. E glielo abbiamo proibito. Ci ha detto: “Che faccio di male? Onoro il Cristo liberandogli la via dai demoni che non sono degni di vederlo”. Gli abbiamo risposto: “Non sei esorcista secondo Israele e non sei discepolo secondo Cristo. Non ti è lecito farlo”. Ha detto: “Fare il bene è sempre lecito”, e si è ribellato alla nostra ingiunzione dicendo: “E continuerò a fare ciò che faccio”. Ecco, volevano ti dicessi questo, specie ora che Tu hai detto che in Cielo saranno tutti quelli che hanno combattuto satana».
16 «Va bene. Quell’uomo sarà di questi. Lo è. Egli aveva ragione e voi torto. Infinite sono le vie del Signore e non è detto che solo quelli che prendono la via diretta giungano al Cielo. In ogni luogo e in ogni tempo, e con mille modi diversi, ci saranno creature che verranno a Me, magari da una strada inizialmente cattiva. Ma Dio vedrà la loro retta intenzione e li attirerà alla via buona. Ugualmente vi saranno alcuni che per ebbrezza concupiscente e triplice usciranno dalla via buona e prenderanno una via che li allontana o addirittura li dirotta. Non dovete perciò mai giudicare i vostri simili. Solo Dio vede. Fate di non uscire voi dalla via buona, dove, più che la vostra volontà, quella di Dio vi ci ha messi. E quando vedete uno che crede nel mio Nome e per esso opera, non lo chiamate straniero, nemico, sacrilego. E’ sempre un mio suddito, amico e fedele, perchè crede nel Nome mio, spontaneamente e meglio di molti fra voi. Per questo il mio Nome sulla sua bocca opera prodigi pari ai vostri e forse più. Dio lo ama perchè mi ama, e finirà di portarlo al Cielo. Nessuno che faccia prodigi inmio Nome mi può essere nemico e dire male di Me. Ma col suo operare dà al Cristo onore e testimonianza di fede. In verità vi dico che credere al mio Nome è già sufficiente a salvare la propria anima. Perchè il mio Nome è Salvezza. Perciò vi dico: se lo incontrerete ancora, non glielo proibite più. Ma anzi chiamatelo “fratello” perchè tale è, anche se è ancora fuori dal recinto del mio Ovile. Chi non è contro di Me è con Me. Chi non è contro di voi è con voi».
«Abbiamo peccato, Signore?», chiede attrito Giovanni.
«No. Avete agito per ignoranza, ma senza malizia. Perciò non c’è colpa. Però in avvenire sarebbe colpa, perchè ora sapete. Ed ora andiamo alle nostre case. La pace sia con voi».
17 Se crede, può mettere, dopo la fine della visione di oggi, il dettato che segue quella del piccolo Beniamino. A sua facoltà.
[7 Marzo 1944]
Dice poi Gesù:
«Quello che ho detto al mio piccolo discepolo lo dico anche a voi. Il Regno è degli agnelli fedeli che mi amano e mi seguono senza perdersi in lusinghe, mi amano sino alla fine. E dico a voi ciò che ho detto ai miei discepoli adulti: “Imparate dai piccoli”.
Non è l’esser dotti, ricchi, audaci quello che vi fa conquistare il Regno dei Cieli. Non è l’esserlo umanamente. Ma è l’esserlo della scienza dell’amore, che fa dotti, ricchi, audaci soprannaturalmente. Come illumina l’amore a comprendere la Verità! Come fa ricchi per acquistarla! Come fa audaci per conquistarla! Che fiducia che ispira! Che sicurezza!
Fate come il piccolo Beniamino, il mio piccolo fiore che m’ha profumato il cuore quella sera ed ha cantato ad esso una musica angelica, che ha ricoperto l’odore dell’umanità ribollente nei discepoli e il rumore delle beghe umane.
E tu vuoi sapere che avvenne poi di Beniamino? Rimase il piccolo agnello di Cristo e, perduto il suo grande Pastore poiché era tornato al Cielo, si fece discepolo di quello che più mi somigliava, prendendo per sua mano il battesimo e il nome di Stefano primo mio martire. Fu fedele sino alla morte e con lui i suoi parenti, trascinati alla Fede dall’esempio del loro piccolo apostolo familiare.
Non è conosciuto? Molti sono gli sconosciuti dagli uomini conosciuti da Me nel mio Regno. E di questo sono felici. La fama del mondo non aggiunge una scintilla all’aureola dei beati.
Piccolo Giovanni, cammina sempre con la tua mano nella mia. Andrai sicura e, giunta al Regno, non ti dirò “entra” ma “vieni”, e ti prenderò fra le braccia per posarti là dove il mio Amore t’ha preparato un posto e il tuo amore lo ha meritato.
Và in pace. Ti benedico».
Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina del Cielo e della terra,
noi ci affidiamo per sempre a Te!