“Avete inteso che fu detto: ‘Non commetterai adulterio’. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”.
Messo così questo Vangelo credo ci condanni tutti senza eccezioni. Come si fa a poter vivere una pagina del Vangelo del genere? La si può vivere solo se si pensa a noi stessi come un tutt’uno e non come persone che fanno delle cose, mentre ne pensano delle altre e mentre ne provano delle altre ancora. La vera libertà è creare comunione tra il dentro e il fuori.
Che senso avrebbe rimanere formalmente fedeli alla propria moglie (magari per paura delle conseguenze) e vivere interiormente un attaccamento e un desiderio compulsivo per qualcun altro costruendoci magari sopra castelli in aria? E bisogna stare anche molto attenti al fatto che Gesù non sta parlando di ciò che sentiamo ma di ciò che costruiamo sulle nostre sensazioni. Non posso vietarmi di essere attratto da una cosa bella. Quell’attrazione non è un peccato e non è un male.
Comincia a farmi male quando ci costruisco io qualcosa sopra. Se non so gestire i miei pensieri come potrò gestire le mie azioni? Dicevano i Padri. Noi non siamo abituati a questa forma di igiene interiore. Non siamo abituati alla radicalità. Ma la radicalità del Vangelo non implica violenza su noi stessi o sugli altri, ma implica dare una direzione chiara a ciò che pensiamo essere un bene.
“Cavare, tagliare, gettare” non sono verbi mutilativi, ma verbi che dicono quanto ci possa stare a cuore fare ciò che siamo chiamati a fare. E se qualcosa si frappone come impedimento, dobbiamo avere il coraggio di saper togliere con forza ciò che ostruisce la vita, ciò che le impedisce di scorrere davvero, ciò che non la fa arrivare al suo vero scopo. Non dobbiamo imparare a farci male, ma a togliere con forza il male che ci blocca.
Non dobbiamo essere violenti ma imparare a forzare lì dove tutto sembra andare alla deriva. Gesù ci domanda carattere, poi la Grazia la metterà Lui.