Vangelo Lc 1, 39-56
La festa della Visitazione è una di quelle feste che ci costringe a metterci in cammino, o perlomeno a metterci in cammino seguendo il racconto del Vangelo. Maria è la protagonista di un gesto talmente tanto rivoluzionario che rimarrà come battistrada per tutti coloro che vogliono prendere sul serio Dio.
Ella davanti all’annuncio dell’angelo non si ritira in una preghiera solipsistica, ma sente l’urgenza di trasformare in carità il dono ricevuto. Ed è proprio in questo gesto che Maria ritrova la parola per se, cioè la rilettura sapienziale di ciò che le è accaduto. Infatti le parole che Ella pronuncia nel Vangelo di oggi, sono la diretta conseguenza delle parole di Elisabetta. Maria canta la sua storia, la racconta, la condivide. E mentre ci guarda dentro scorge anche i segni del domani e non solo traccia del passato.
Quando guardiamo la nostra vita non dobbiamo soltanto tirare le conclusioni dalle nostre esperienze, dobbiamo avere il coraggio di guardare anche avanti, al futuro, e ricordarci che siamo figli di un Dio che disperde i superbi nei pensieri del loro cuore, rovescia i potenti e gratifica gli umili, ricolma di beni chi è affamato e a chi si crede ricco lo lascia a mani vuote. Maria dice tutto questo mentre sa che dovrà fare i conti con le angherie di Erode, le incomprensioni dei vicini, la disoccupazione di Giuseppe, la povertà dell’esilio forzato in Egitto.
Ella sa bene che la cronaca è molto spesso cronaca nera, ma nonostante ciò sa cantare la luce nascosta in essa. L’esperienza della fede non è l’esperienza di vedersi risolti tutti i problemi e per questo sentirsi grati, è invece l’esperienza di saper scorgere un misterioso bene lì dove tutti vedono solo ingiustizia e imprevisti. Ma il dono di questo sguardo viene donato solo a coloro che sanno mettersi in gioco nella carità concreta, così come ha fatto Maria. Anzi è proprio Lei che ci dice in fondo qual è lo scopo vero di ogni carità portare gioia nella vita degli altri.
Chi sa fare questo trova gioia anche per sé.