Metodio gode presso i greci di grande venerazione per il ruolo coraggioso che ebbe nella sconfitta finale dell’iconoclastia e per la forza di sopportazione mostrata durante la prigionia. È spesso chiamato il Confessore o il Grande. Era nato in Sicilia e aveva ricevuto un’ottima educazione a Siracusa. Si recò a Costantinopoli per assicurarsi un posto a corte, ma sotto l’influenza di un monaco entrò nel monastero di Chenolacco; più tardi egli stesso fondò un monastero a Chio, sul mar Egeo, dal quale fu chiamato a Costantinopoli dal patriarca Niceforo (13 mar.).
Il movimento iconoclasta, che voleva distruggere tutte le immagini sacre e cancellare la venerazione dei santi al tempo dell’imperatore Leone Isaurico (717-741), fu combattuto duramente e sconfitto nell’v III secolo (v. S. Giovanni Damasceno, 4 dic.), ma all’inizio del ix secolo trovò nuovo appoggio nella persona dell’imperatore Leone V l’Armeno, anche perché la Chiesa d’Oriente subiva la pressione dell’Islam nascente che proibiva ogni rappresentazione di immagini o oggetti sacri.
Alcuni cristiani temevano che il culto delle immagini potesse portare alla superstizione, ma Metodio, come Giovanni Damasceno prima di lui, argomentò che le statue o le immagini erano un aiuto alla devozione, un’eredità della tradizione della Chiesa. Coraggiosamente si oppose a questo nuovo attacco; dopo la deposizione e la condanna all’esilio del patriarca Niceforo, Metodio si recò a Roma incaricato dagli altri vescovi di informare papa Pasquale I (11 feb.) (Iella situazione, e vi rimase fino alla morte di Leone. Il papa inviò una lettera al nuovo imperatore, Michele il Balbuziente, chiedendogli di reinsediare Metodio, che poté tornare a Costantinopoli. Nella città la controversia infuriava ancora e al suo arrivo fu accusato di aver spinto il papa a scrivere la lettera; gettato in prigione, vi rimase sette o nove anni (su questo punto le narrazioni sono discordanti).
Le condizioni in cui fu costretto a vivere erano spaventose: venne forse rinchiuso in una grotta o in una tomba con due compagni, accusati di furto; quando uno dei due morsi fu lasciato imputridire nella cella. Quando fu infine scarcerato era difficile riconoscerlo, ridotto a uno scheletro, calvo, pallido per gli anni trascorsi nelle tenebre, vestito di sudici cenci. Il suo spirito però era intatto, tanto che quando l’imperatore Teofilo rinnovò l’interdetto delle immagini sacre egli coraggiosamente attaccò la venerazione delle immagini imperiali: «Se un’immagine è così indegna ai tuoi occhi, come mai tu che condanni la venerazione delle immagini di Cristo allo stesso tempo non condanni quella tributata alle raffigurazioni di te stesso?».
L’imperatore lo fece fustigare e gettare in carcere con una mandibola rotta; i suoi discepoli tentarono di farlo fuggire la notte stessa. Teofilo morì poco dopo e il potere passò nelle mani della vedova, l’imperatrice Teodora, che resse il regno al posto del figlio, Michele III, ancora bambino e soprattutto diede una svolta alla politica della corte schierandosi a favore del culto delle immagini. Cessarono le persecuzioni, gli ecclesiastici in esilio furono richiamati, e nel giro di trenta giorni le icone furono riappese nelle chiese di Costantinopoli; il patriarca iconoclasta fu deposto e Metodio tornò a guidare la sede patriarcale, ancora con un bendaggio che sorreggeva la mandibola fratturata.
Il suo patriarcato durò quattro anni: convocò a Costantinupoli un sinodo che riaffermò il culto delle immagini; riportò le reliquie del suo predecessore, il patriarca Niceforo morto in esilio, nella capitale dell’impero, potendo assistere a quale onore gli fu tributato; istituì la festa annuale dell’Ortodossia, che si celebra ancora nella Chiesa ortodossa la prima domenica di Quaresima, scrivendo per l’occasione il synodicon, da leggersi durante la celebrazione della festa. Per sua sfortuna ereditò da Niceforo la disputa con i monaci studiti, che all’inizio erano tra i suoi sostenitori più accesi ma divennero poi suoi acerrimi avversari quando condannò alcuni scritti del loro famoso abate Teodoro Studita (11 nov.).
Metodio fu uno scrittore prolifico benché ora la maggior parte delle opere poetiche, teologiche, e altre ancora a lui attribuite, non siano considerate autentiche; attualmente si pensa che abbia scritto alcune opere agiografiche, tra le quali la Vita di S. Teofane il Cronografo (12 mar.).
MARTIROLOGIO ROMANO. A Costantinopoli, san Metodio, vescovo, che, mentre era monaco, si recò a Roma dal papa Pasquale I per difendere il culto delle sacre immagini e, elevato all’episcopato, celebrò solennemente il trionfo della retta fede.
Nome: San Metodio
Titolo: Patriarca di Costantinopoli
Nascita: VIII secolo, Sicilia
Morte: 847 circa, Costantinopoli,Turchia
Ricorrenza: 14 giugno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione