Vangelo Novus Ordo Lc 10, 13-16
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».
Oggi conserviamo nel nostro cuore queste parole del Vangelo:
« Chi disprezza me , disprezza colui che mi ha mandato».
Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’
Paralleli Novus ordo
Cap. CCLXVI. I discepoli del Battista vogliono accertarsi che Gesù è il Messia. Testimonianza sul Precursore e invettiva contro le città impenitenti.
29 agosto 1945
1 Gesù è solo con Matteo che, ferito ad un piede, non è potuto andare con gli altri a predicare. Ma però malati e desiderosi della Buona Novella affollano la terrazza e lo spazio libero dell’orto per udirlo e averne aiuto.
Gesù termina di parlare dicendo: «Contemplato che abbiamo insieme la grande frase[63] di Salomone: “Nell’abbondanza della giustizia sta la somma fortezza”, Io vi esorto a possedere questa abbondanza perché essa è moneta per entrare nel Regno dei Cieli. State con la mia pace e Dio sia con voi». E poi si volge ai poveri e ai malati — e in molti casi sono l’uno e l’altro insieme — e ascolta con bontà i loro racconti, soccorre con denaro, consiglia con parole, sana coll’imposizione delle mani e con la parola. Matteo, al suo fianco, provvede a dare le monete.
2 Gesù sta ascoltando attentamente una povera vedova, che gli narra fra le lacrime della morte improvvisa del marito legnaiuolo al suo banco di lavoro, avvenuta pochi giorni prima:
«Sono corsa a cercarti qui, e tutto il parentado del morto mi accusò di essere scomposta e dura di cuore e ora mi maledice. Ma io ero venuta perché so che risusciti e so che se potevo trovarti il mio uomo sarebbe risorto. Non c’eri… Ora egli è nel sepolcro da due settimane… ed io sono qui con cinque figli… I parenti mi odiano e non mi aiutano. Ho degli ulivi e delle viti. Pochi, ma mi darebbero pane per l’inverno se potessi tenerli fino alla raccolta. Ma non ho denaro, perché l’uomo da tempo era poco sano e poco lavorava, e per sostenersi mangiava e beveva anche troppo. Diceva che il vino gli faceva bene… invece fece il doppio male di ucciderlo e di consumare i risparmi già ridotti per il suo poco lavoro. Stava finendo un carro e un cofano, e aveva ordinati due letti, delle tavole e mensole. Ma ora… Non sono finiti e mio figlio maschio non ha ancora otto anni. Perderò il denaro… Dovrò vendere gli arnesi, il legname.
Il carro e il cofano non posso neppure venderli per tali, per quanto quasi ultimati, e li dovrò dare come legna da ardere. E non basteranno i denari perché io, mia madre vecchia e malata, e cinque figli, siamo sette persone… Venderò il vigneto e gli ulivi… Ma Tu sai come è il mondo… Strozza dove c’è il bisogno. Dimmi, che devo fare? Io volevo serbare il banco e i ferri per il figlio che già sa qualcosa del legno… volevo serbare la terra per vivere e per dote alle figlie…».
Sta ascoltando tutto questo quando un rimescolio fra la gente lo avverte che c’è qualcosa di nuovo. Si volta per vedere e vede tre uomini che si fanno strada fra la folla. Si torna a voltare per parlare alla vedova: «Dove abiti?».
«A Corozim, presso la strada che va alla Fonte calda. Una casa bassa in mezzo a due fichi».
«Va bene. Verrò ad ultimare il carro e il cofano, e li venderai a chi li ha ordinati. Aspettami domani all’aurora».
«Tu! Tu lavorare per me!». La donna è soffocata dallo stupore.
«Riprenderò il lavoro mio e ti darò pace. Intanto, a quelli di Corozim senza cuore impartirò la lezione della carità».
«Oh! sì! Senza cuore! Ci fosse stato ancora il vecchio Isacco! Non mi avrebbe lasciata morire di fame. Ma egli è tornato ad Abramo…».
«Non piangere. Va’ tranquilla. Ecco quanto serve per oggi.
Domani verrò Io. Va’ in pace».
La donna si prostra a baciargli la veste e se ne va più sollevata.
3 «Maestro tre volte santo, ti posso salutare?», chiede uno dei tre sopraggiunti che si sono fermati rispettosamente dietro a Gesù, attendendo che Egli congedasse la donna, e che perciò hanno sentito la promessa di Gesù. E quest’uomo che saluta è Mannaem.
Gesù si volta e con un sorriso dice: «Pace a te, Mannaem! Ti sei dunque ricordato di Me?».
«Sempre, Maestro. E avevo divisato di venire da Te in casa di Lazzaro o all’orto degli Ulivi per stare con Te. Ma prima di Pasqua fu preso il Battista. Fu ripreso con tradimento ed io temevo che, nell’assenza di Erode venuto a Gerusalemme per la Pasqua, Erodiade ordinasse l’uccisione del santo. Non è voluta andare per le feste a Sionne dicendosi malata. Malata, sì. Di odio e lussuria… Io sono stato a Macheronte per controllare e… trattenere la perfida donna, che sarebbe capace di uccidere di sua mano… E non lo fa perché teme di perdere il favore di Erode, che… per paura o per convinzione difende Giovanni limitandosi a tenerlo prigioniero. Ora Erodiade è fuggita dal caldo opprimente di Macheronte andando in un castello di sua proprietà. Ed io sono venuto con questi amici miei e discepoli di Giovanni. Egli li mandava perché ti interrogassero. E io mi sono unito a loro».
4 La gente, sentendo parlare di Erode e comprendendo chi è che ne parla, si affolla curiosa intorno al gruppetto di Gesù e dei tre.
«Che volevate chiedermi?», chiede Gesù dopo scambievoli saluti coi due austeri personaggi.
«Parla tu, Mannaem, che sai tutto e sei più amico», dice uno dei due.
«Ecco, Maestro. Tu devi compatire se per troppo amore i discepoli vanno in diffidenza verso Colui che credono antagonista o soppiantatore del loro maestro. Così fanno i tuoi, così quelli di Giovanni. È una comprensibile gelosia, che dimostra tutto l’amore dei discepoli per i maestri. Io… sono imparziale, e questi che con me sono lo possono dire, perché conosco Te e Giovanni e vi amo con giustizia, tanto che, per quanto ami Te per quello che sei, ho preferito fare il sacrificio di stare presso Giovanni, perché venero lui pure per quello che è, ed attualmente perché più in pericolo di Te. Ora per questo amore, nel quale soffiano col loro astio i farisei, essi sono giunti a dubitare che Tu sia il Messia. E lo hanno confessato a Giovanni credendo di dargli una gioia col dire: “Per noi sei tu il Messia. Non ci può essere uno più santo di te”. Ma Giovanni li ha rimproverati per prima cosa chiamandoli bestemmiatori, e poi, dopo il rimprovero, con più dolcezza, ha spiegato tutte le cose che ti indicano come vero Messia. Infine, vedendoli ancora non persuasi, ha preso due di essi, questi, e ha detto: “Andate da Lui e ditegli in mio nome: ‘Sei Tu quello che ha da venire o dobbiamo attenderne un altro?'”. Non ha mandato i discepoli già pastori, perché essi credono e non sarebbe giovato mandarli. Ma ha preso fra quelli che dubitano per farteli avvicinare e perché la loro parola dissipi i dubbi dei loro simili. Io li ho accompagnati per poterti vedere. Ho detto. Tu ora calma i loro dubbi».
5 «Ma non ci credere ostili, Maestro! Le parole di Mannaen te lo potrebbero far pensare. Noi… noi… Noi conosciamo da anni il Battista e lo abbiamo sempre visto santo, penitente, ispirato. Tu… non ti conosciamo che per parola altrui. E Tu sai cosa è la parola degli uomini… Crea e distrugge fama e lodi nel contrasto fra chi esalta e chi abbatte, così come una nuvola viene formata e disciolta da due venti contrari».
«So, so. Leggo nel vostro animo, e i vostri occhi leggono la verità in quanto vi circonda, così come le vostre orecchie hanno sentito il colloquio con la vedova. Questo basterebbe a persuadere. Ma Io vi dico. Osservate chi mi circonda. Qui non sono ricchi né gaudenti, qui non persone scandalose. Ma poveri, malati, onesti israeliti che vogliono conoscere la Parola di Dio. E non altro. Questo, questo, questa donna, e poi quella fanciullina e quel vecchio, sono venuti qui malati ed ora sono sani. Interrogateli e vi diranno cosa avevano e come li guarii e come stanno ora. Fate, fate. Io intanto parlo con Mannaen», e Gesù fa per ritirarsi.
«No, Maestro. Noi non dubitiamo delle tue parole. Solo dàcci una risposta da portare a Giovanni, perché egli veda che siamo venuti e perché possa, in base a quella, persuadere i nostri compagni».
«Andate a riferire questo a Giovanni: “I sordi odono; questa fanciulla era sorda e muta. I muti parlano; e quell’uomo era muto dalla nascita. I ciechi vedono”.
6 Uomo, vieni qui. Di’ a costoro ciò che avevi», dice Gesù prendendo per un braccio un miracolato.
Questo dice: «Sono muratore e mi cadde sul viso un secchio pieno di calce viva. Mi bruciò gli occhi. Da quattro anni ero nelle tenebre. Il Messia mi ha bagnato gli occhi seccati con la sua saliva e sono tornati più freschi di quando avevo venti anni. Che Egli ne sia benedetto».
Gesù riprende: «E coi ciechi, sordi, muti guariti, si raddrizzano gli zoppi e corrono gli storpiati. Ecco lì quel vecchio rattrappito poco anzi e ora dritto come una palma del deserto e agile come una gazzella. Si sanano le malattie più gravi. Tu, donna, che avevi?».
«Un male al seno per troppo latte dato a bocche voraci. E il male, col seno, mi rodeva la vita. Ora guardate», e si socchiude la veste mostrando intatte le mammelle e aggiunge: «Era tutta una piaga, e lo dimostra la tunica ancor bagnata del marciume. Ora vado a casa per mettere veste monda e sono forte e felice. Mentre solo ieri ero morente, portata qui da pietosi, e tanto infelice… per i bambini prossimi ad essere senza madre. Eterna lode al Salvatore!».
«Udite? E potete interrogare il sinagogo di questa città sulla risurrezione della figlia sua e, tornando verso Gerico, passate da Naim, chiedete del giovane risuscitato alla presenza di tutta la città e mentre stava per essere messo nel sepolcro. Così potrete riferire che i morti risuscitano. Che molti lebbrosi siano guariti potete saperlo da molti luoghi di Israele, ma se volete andare a Sicaminon cercatene fra i discepoli, e molti ne troverete. Dite dunque a Giovanni che i lebbrosi sono mondati. E dite, poiché lo vedete, che ai poveri è annunziata la Buona Novella. Ed è beato chi non si sarà scandalizzato di Me.
7 Dite questo a Giovanni. E ditegli che Io lo benedico con tutto il mio amore».
«Grazie, Maestro. Benedici noi pure prima della partenza».
«Voi non potete partire in queste ore calde. Rimanete perciò miei ospiti fino a sera. Vivrete per un giorno la vita di questo Maestro che non è Giovanni, ma che Giovanni ama perché sa Chi è. Venite nella casa. Vi è fresco e vi ristorerò. Addio, miei ascoltatori. La pace sia con voi», e congedate le turbe entra in casa coi tre ospiti…
8 …Quanto si dicano in quelle ore affocate non so. Ciò che vedo ora è la preparazione della partenza per Gerico dei due discepoli. Mannaen pare che resti, perché il suo cavallo non è stato portato con i due robusti asini davanti all’apertura del muro del cortile. I due inviati di Giovanni, dopo molti inchini al Maestro e a Mannaen, montano in sella e ancora si voltano a guardare e a salutare, finché un angolo di via non li nasconde alla vista.
Molti di Cafarnao si sono affollati per vedere questa partenza, perché la notizia della venuta dei discepoli di Giovanni e la risposta di Gesù a loro hanno fatto il giro del paese, e credo anche di altri paesi vicini. Vedo persone di Betsaida e Corozim, che si sono presentate ai messi di Giovanni chiedendo di lui e dicendo di salutarlo — forse sono ex discepoli del Battista — rimanere ora, in crocchio con quelli di Cafarnao, a commentare. Gesù, con a fianco Mannaen, fa per rientrare in casa parlando. Ma la gente gli si stringe intorno, curiosa di osservare il fratello di latte di Erode e i suoi modi pieni di ossequio per Gesù, e desiderosa di parlare col Maestro.
9 C’è anche Giairo, il sinagogo. Ma, per grazia di Dio, non ci sono farisei. È proprio Giairo che dice: «Sarà contento Giovanni! Non solo hai mandato esauriente risposta, ma anche, trattenendoli, hai potuto ammaestrarli e mostrare loro un miracolo».
«E non da poco, anche!», dice un uomo.
«Io avevo portato apposta la mia bambina oggi perché la vedessero. Non è mai stata così bene e per lei è una gioia venire dal Maestro. Avete sentito, eh?, la sua risposta: “Io non mi ricordo cosa è la morte. Ma mi ricordo che un angelo mi ha chiamata portandomi attraverso ad una luce sempre più viva, al termine della quale era Gesù. E come l’ho visto allora, col mio spirito che tornava in me, non lo vedo neppure ora. Voi ed io ora vediamo l’Uomo. Ma il mio spirito ha visto il Dio che è chiuso nell’Uomo”. E come si è fatta buona da allora! Lo era buona. Ma ora è un vero angelo. Ah! per me, dicano quello che vogliono tutti, non ci sei che Tu di santo!».
«Ma anche Giovanni è santo però», dice uno di Betsaida.
«Sì. Ma è troppo severo».
«Non lo è più per gli altri che per sé».
«Ma non fa miracoli e si dice che digiuni perché sia come un mago».
«Eppure è santo».
Il battibecco fra la folla si estende.
10 Gesù alza la mano e la stende col gesto abituale che ha quando chiede silenzio e attenzione perché vuole parlare. Il silenzio si fa subito.
Gesù dice:
«Giovanni è santo e grande. Non guardate il suo modo di fare né l’assenza dei miracoli. In verità ve lo dico: “Egli è un grande del Regno di Dio”. Là apparirà in tutta la sua grandezza.
Molti si lamentano perché egli era ed è severo fino ad appa rire rude. In verità vi dico che egli ha lavorato da gigante per preparare le vie del Signore. E chi lavora così non ha tempo da perdere in mollezze. Non diceva egli, mentre era lungo il Giordano, le parole[64] di Isaia in cui lui e il Messia sono profetizzati:
“Ogni valle sarà colmata, ogni monte sarà abbassato, e le vie tortuose saranno raddrizzate e le scabre fatte piane”, e ciò per preparare le vie al Signore e Re? Ma in verità ha fatto più egli che non tutto Israele per prepararmi la via! E chi deve abbattere monti e colmare valli e raddrizzare vie o rendere dolci le salite penose, non può che lavorare rudemente. Perché egli era il Precursore, e solo il giro di poche lune lo anticipava da Me, e tutto doveva esser fatto prima che il Sole fosse alto sul giorno della Redenzione. Il tempo è questo, il Sole ascende per splendere su Sionne e da lì su tutto il mondo. Giovanni ha preparato la via. Come doveva.
Che siete andati a vedere nel deserto? Una canna che ogni vento agita in diversa direzione? Ma che siete andati a vedere? Un uomo vestito mollemente? Ma questi abitano nelle case dei re, avvolti in morbide vesti e ossequiati da mille servi e cortigiani, cortigiani essi pure di un povero uomo. Qui ve ne è uno. Interrogatelo se in lui non è il disgusto della vita di Corte e ammirazione per la rupe solitaria e scabra, sulla quale invano si avventano fulmini e gragnuole e i venti stolti giostrano per svellerla, mentre essa sta solida con lo slancio di tutte le sue parti verso il cielo, con la punta che predica la gioia dell’alto tanto è eretta, puntuta come una fiamma che sale. Questo è Giovanni. Così lo vede Mannaen, perché ha compreso la verità della vita e della morte, e vede grandezza là dove è, anche se nascosta sotto apparenze selvagge.
E voi, che avete visto in Giovanni quando siete andati a vederlo? Un profeta? Un santo? Io ve lo dico: Egli è da più di un profeta. Egli è da più di molti santi, da più dei santi perché è colui del quale sta scritto[65]: “Ecco, Io mando dinnanzi a voi il mio angelo a preparare la tua via dinnanzi a Te”.
11 Angelo. Considerate. Voi sapete che gli angeli sono spiriti puri, creati da Dio a sua somiglianza spirituale, messi a congiunzione fra l’uomo: perfezione del creato visibile e materiale, e Dio: Perfezione del Cielo e della Terra, Creatore del regno spirituale e del regno animale. Nell’uomo anche più santo vi è sempre la carne e il sangue a porre un abisso fra lui e Dio. E l’abisso si sprofonda per il peccato che appesantisce anche ciò che è spirituale nell’uomo. Ecco allora Dio creare gli angeli, creature che toccano il vertice della scala creativa così come i minerali ne segnano la base; i minerali, la polvere che compone la terra, le materie inorganiche in genere. Specchi tersi del Pensiero di Dio, fiamme volonterose operanti per amore, pronti a comprendere, solleciti ad operare, liberi nel volere come noi, ma di un volere tutto santo che ignora le ribellioni e i fomiti del peccato. Questo sono gli angeli adoratori di Dio, suoi messaggeri presso gli uomini, protettori nostri, datori a noi della Luce che li investe e del Fuoco che essi raccolgono adorando.
Giovanni è detto “angelo” dalla parola profetica. Ebbene Io vi dico: “Tra i nati di donna non ne è mai sorto uno più grande di Giovanni Battista”. Eppure, il più piccolo del Regno dei Cieli sarà più grande di lui-uomo. Perché uno del Regno dei Cieli è figlio di Dio e non figlio di donna. Tendete dunque tutti a divenire cittadini del Regno.
12 Che vi chiedete l’un l’altro?».
«Dicevamo: “Ma Giovanni sarà nel Regno? E come vi sarà?”».
«Egli nel suo spirito è già del Regno e vi sarà dopo la morte come uno dei soli più splendidi dell’eterna Gerusalemme. E ciò per la Grazia che è senza incrinatura in lui e per la sua volontà propria. Perché egli fu ed è violento anche con se stesso per fine santo. Dal Battista in poi, il Regno dei Cieli è di coloro che sanno conquistarselo con la forza opposta al Male, e se lo acquistano i violenti. Perché ora sono note le cose da farsi e tutto è dato per questa conquista. Non è più il tempo che parlavano solo la Legge ed i Profeti. Questi hanno parlato sino a Giovanni. Ora parla la Parola di Dio e non nasconde un iota di quanto è da sapersi per questa conquista. Se credete in Me, dovete perciò vedere Giovanni come quell’Elia che deve venire[66]. Chi ha orecchi da intendere intenda. Ma a chi paragonerò questa generazione? È simile a quella che descrivono quei ragazzi, che seduti sulla piazza gridano ai loro compagni: “Abbiamo suonato e non avete ballato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto”. Difatti è venuto Giovanni che non mangia e non beve, e questa generazione dice: “Può fare così perché ha il demonio che lo aiuta”. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e dicono: “Ecco un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori”. Così alla Sapienza viene resa giustizia dai suoi figli!
13 In verità vi dico che solo i pargoli sanno riconoscere la verità, perché in essi non è malizia».
«Bene hai detto, Maestro», dice il sinagogo. «Ecco perché mia figlia, ancor senza malizia, ti vede quale noi non giungiamo a vederti. Eppure questa città e quelle vicine traboccano della tua potenza, sapienza e bontà e, devo confessarlo, non procedono che in cattiveria verso di Te. Non si ravvedono. E il bene, che Tu dai loro, fermenta in odio verso di Te».
«Come parli, Giairo? Tu ci calunni! Noi siamo qui perché fedeli al Cristo», dice uno di Betsaida.
«Sì. Noi. Ma quanti siamo? Meno di cento su tre città che dovrebbero essere ai piedi di Gesù. Fra quelli che mancano, e parlo degli uomini, la metà è nemica, un quarto indifferente, l’altra voglio mettere non possa venire. Non è questo colpa agli occhi di Dio? E non sarà punito tutto questo livore e questa pertinacia nel male? Parla Tu, Maestro che sai, e che se taci è per la tua bontà, non già perché Tu ignori. Longanime sei, e ciò è preso per ignoranza e debolezza. Parla dunque e possa il tuo parlare scuotere almeno gli indifferenti, posto che i malvagi non si convertono ma sempre più malvagi divengono».
«Sì. È colpa e sarà punita. Perché il dono di Dio non va mai sprezzato o usato per fare del male. Guai a te, Corozim, guai a te, Betsaida, che fate mal’uso dei doni di Dio. Se in Tiro e in Sidone fossero già avvenuti i miracoli avvenuti in mezzo a voi, già da gran tempo, vestiti di cilizio e aspersi di cenere, avrebbero fatto penitenza e sarebbero venuti a Me. E perciò vi dico che a Tiro e a Sidone sarà usata maggiore clemenza che a voi nel giorno del Giudizio. E tu, Cafarnao, credi che per avermi ospitato soltanto sarai esaltata sino al Cielo? Tu scenderai fino all’inferno. Perché, se in Sodoma fossero stati fatti i miracoli che Io ti ho dati, essa ancora sarebbe fiorente, perché in Me avrebbe creduto e si sarebbe convertita. Perciò sarà usata maggior clemenza a Sodoma nell’ultimo Giudizio, perché essa non ha conosciuto il Salvatore e la sua Parola, e perciò è meno grande la sua colpa di quanto non ne verrà usata a te, che hai conosciuto il Messia e udita la sua parola e non ti sei ravveduta. Però, siccome Dio è giusto, a quelli di Cafarnao, Betsaida e Corozim che hanno creduto e che si santificano ubbidendo alla mia parola, sarà usata misericordia grande. Perché non è giusto che i giusti siano coinvolti nella rovina dei peccatori.
14 Riguardo a tua figlia, Giairo, e alla tua, Simone, e al tuo bambino, Zaccaria, e ai tuoi nipoti, Beniamino, Io vi dico che essi, essendo senza malizia, già vedono Dio. E voi lo vedete come la loro fede è pura e operosa in essi, unita a sapienza celeste, a aneliti di carità quali gli adulti non hanno».
E Gesù, alzando gli occhi al cielo che incupisce nella sera, esclama: «Io ti ringrazio, o Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Così, o Padre, perché così ti è piaciuto. Tutto è stato affidato a Me dal Padre mio, e nessuno lo conosce tranne il Figlio e coloro ai quali il Figlio avrà voluto rivelarlo. Ed Io l’ho rivelato ai piccoli, agli umili, ai puri, perché Dio si comunica ad essi, e la verità scende come seme nei terreni liberi, e su essa il Padre fa piovere le sue luci perché getti radice e faccia pianta. Anzi, che in verità il Padre prepara questi spiriti di pargoli per età o pargoli di volere, perché essi conoscano la Verità ed Io abbia gioia dalla loro fede»…
Cap. CCLXXVIII. Il perdono e la parabola del servo iniquo. Il mandato a settantadue discepoli.
17 settembre 1945
1 Licenziati dopo il pasto i poveri, Gesù resta cogli apostoli e discepoli nel giardino di Maria di Magdala. Vanno a sedersi al limite di esso, proprio vicino alle acque quiete del lago, su cui delle barche veleggiano intente alla pesca.
«Avranno buona pesca», commenta Pietro che osserva.
«Anche tu avrai buona pesca, Simone di Giona».
«Io, Signore? Quando? Intendi che io esca a pescare per il cibo di domani? Vado subito e…».
«Non abbiamo bisogno di cibo in questa casa. La pesca che tu farai sarà in futuro e nel campo spirituale. E con te saranno pescatori ottimi la maggior parte di questi».
«Non tutti, Maestro?», chiede Matteo.
«Non tutti. Ma quelli che perseverando diverranno miei sacerdoti avranno buona pesca».
«Conversioni, eh?», domanda Giacomo di Zebedeo.
«Conversioni, perdoni, guide a Dio. Oh! tante cose».
2 «Senti, Maestro. Tu prima hai detto che, se uno non ascolta il fratello neppure alla presenza di testimoni, sia fatto consigliare dalla sinagoga. Ora, se io ho ben capito quanto Tu ci hai detto da quando ci conosciamo, mi pare che la sinagoga sarà sostituita dalla Chiesa, questa cosa che Tu fonderai. Allora, dove andremo per fare consigliare i fratelli zucconi?».
«Andrete da voi stessi, perché voi sarete la mia Chiesa. Perciò i fedeli verranno a voi, o per consiglio da avere per causa propria, o per consiglio da dare ad altri. Vi dico di più. Non solo potrete consigliare. Ma potrete anche assolvere in mio Nome. Potrete sciogliere dalle catene del peccato e potrete legare due che si amano facendone una carne sola. E quanto avrete fatto sarà valido agli occhi di Dio come fosse Dio stesso che lo avesse fatto. In verità vi dico: quanto avrete legato sulla Terra sarà legato nel Cielo, quanto sarà sciolto da voi sulla Terra sarà sciolto in Cielo. E ancora vi dico, per farvi comprendere la potenza del mio Nome, dell’amore fraterno e della preghiera, che se due miei discepoli, e per tali intendo ora tutti coloro che crederanno nel Cristo, si riuniranno a chiedere qualsiasi giusta cosa in mio Nome, sarà loro concessa dal Padre mio. Perché grande potenza è la preghiera, grande potenza è l’unione fraterna, grandissima, infinita potenza è il mio Nome e la mia presenza fra voi. E dove due o tre saranno adunati in mio Nome, ivi Io sarò in mezzo a loro, e pregherò con loro, e il Padre non negherà a chi con Me prega. Perché molti non ottengono perché pregano soli, o per motivi illeciti, o con orgoglio, o con peccato sul cuore. Fatevi il cuore mondo, onde Io possa essere con voi, e poi pregate e sarete ascoltati».
Pietro è pensieroso. Gesù lo vede e gliene chiede ragione. E Pietro spiega: «Penso a che gran dovere siamo destinati. E ne ho paura. Paura di non sapere fare bene».
«Infatti Simone di Giona o Giacomo di Alfeo o Filippo e così via non saprebbero fare bene. Ma il sacerdote Pietro, il sacerdote Giacomo, il sacerdote Filippo, o Tommaso, sapranno fare bene perché faranno insieme alla divina Sapienza».
3 «E… quante volte dovremo perdonare ai fratelli? Quante, se peccano contro i sacerdoti; e quante, se peccano contro Dio? Perché, se succederà allora come ora, certo peccheranno contro di noi, visto che peccano contro di Te tante e tante volte. Dimmi se devo perdonare sempre o se un numero di volte. Sette volte, o più ancora, ad esempio?».
«Non ti dico sette, ma settanta volte sette. Un numero senza misura. Perché anche il Padre dei Cieli perdonerà a voi molte volte, un numero grande di volte, a voi che dovreste essere perfetti. E come Egli fa con voi, così voi dovete fare, perché voi rappresenterete Dio in Terra. Anzi, sentite. Racconterò una parabola che servirà a tutti».
E Gesù, che era circondato dai soli apostoli in un chioschetto di bossi, si avvia verso i discepoli che sono invece rispettosamente aggruppati su uno spiazzo decorato di una vasca piena di limpide acque. Il sorriso di Gesù è come un segnale di parola. E mentre Lui va col suo passo lento e lungo, per cui percorre molto spazio in pochi momenti, e senza affrettarsi perciò, essi si rallegrano tutti e, come bambini intorno a chi li fa felici, si stringono in cerchio. Una corona di visi attenti, finché Gesù si mette contro un alto albero e inizia a parlare.
4 «Quanto ho detto prima al popolo va perfezionato per voi che siete gli eletti fra esso.
Dall’apostolo Simone di Giona mi è stato detto: “Quante volte devo perdonare? A chi? Perché?”. Ho risposto a lui in privato ed ora a tutti ripeto la mia risposta in ciò che è giusto voi sappiate sin da ora. Udite quante volte e come e perché va perdonato.
Perdonare bisogna come perdona Dio, il quale, se mille volte uno pecca e se ne pente, perdona mille volte. Purché veda che nel colpevole non c’è la volontà del peccato, la ricerca di ciò che fa peccare, ma sibbene il peccato è solo frutto di una debolezza dell’uomo. Nel caso di persistenza volontaria nel peccato, non può esservi perdono per le colpe fatte alla Legge. Ma per quanto queste colpe vi danno di dolore, a voi, individualmente, perdonate. Perdonate sempre a chi vi fa del male. Perdonate per essere perdonati, perché anche voi avete colpe verso Dio e i fratelli. Il perdono apre il Regno dei Cieli tanto al perdonato come al perdonante. Esso è simile a questo fatto che avvenne fra un re ed i suoi servi.
Un re volle fare i conti coi suoi servi. Li chiamò dunque uno dopo l’altro cominciando da quelli che erano i più in alto. Venne uno che gli era debitore di diecimila talenti. Ma il suddito non aveva con che pagare l’anticipo che il re gli aveva fatto per potersi costruire case e beni d’ogni genere, perché in verità non aveva, per molti motivi più o meno giusti, con molta solerzia usato della somma ricevuta per questo. Il re-padrone, sdegnato della sua infingardia e della mancanza di parola, comandò fosse venduto lui, la moglie, i figli e quanto aveva, finché avesse saldato il suo debito. Ma il servo si gettò ai piedi del re e con pianti e suppliche lo pregava: “Lasciami andare. Abbi un poco di pazienza ancora ed io ti renderò tutto quanto ti devo, fino all’ultimo denaro”. Il re, impietosito da tanto dolore — era un re buono — non solo acconsentì a questo ma, saputo che fra le cause della poca solerzia e del mancato pagamento erano anche delle malattie, giunse a condonargli il debito.
Il suddito se ne andò felice. Uscendo di lì, però, trovò sulla sua via un altro suddito, un povero suddito al quale egli aveva prestato cento denari tolti ai diecimila talenti avuti dal re. Persuaso del favore sovrano, si credette tutto lecito e, preso quell’infelice per la gola, gli disse: “Rendimi subito quanto mi devi”. Inutilmente l’uomo piangendo si curvò a baciargli i piedi gemendo: “Abbi pietà di me che ho tante disgrazie. Porta un poco di pazienza ancora e ti renderò tutto, fino all’ultimo spicciolo”. Il servo, spietato, chiamò i militi e fece condurre in prigione l’infelice perché si decidesse a pagarlo, pena la perdita della libertà o anche della vita.
La cosa fu risaputa dagli amici del disgraziato i quali, tutti contristati, andarono a riferirlo al re e padrone. Questi, saputa la cosa, ordinò gli fosse tradotto davanti il servitore spietato e, guardandolo severamente, disse: “Servo iniquo, io ti avevo aiutato prima perché tu diventassi misericordioso, perché ti facessi una ricchezza, poi ti ho aiutato ancora col condonarti il debito per il quale tanto ti raccomandavi che io avessi pazienza. Tu non hai avuto pietà di un tuo simile mentre io, re, per te ne avevo avuta tanta. Perché non hai fatto ciò che io ti ho fatto?”. E lo consegnò sdegnato ai carcerieri, perché lo tenessero finché avesse tutto pagato, dicendo: “Come non ebbe pietà di uno che ben poco gli doveva, mentre tanta pietà ebbe da me che re sono, così non trovi da me pietà”.
5 Così pure farà il Padre mio con voi se voi sarete spietati ai fratelli, se voi, avendo avuto tanto da Dio, sarete colpevoli più di quanto non lo è un fedele. Ricordate che in voi è l’obbligo di essere più di ogni altro senza colpe. Ricordate che Dio vi anticipa un gran tesoro, ma vuole che gliene rendiate ragione. Ricordate che nessuno come voi deve saper praticare amore e perdono.
Non siate servi che per voi molto volete e poi nulla date a chi a voi chiede. Come fate, così vi sarà fatto. E vi sarà chiesto anche conto del come fanno gli altri, trascinati al bene o al male dal vostro esempio. Oh! che in verità se sarete santificatori possederete una gloria grandissima nei Cieli! Ma, ugualmente, se sarete pervertitori, o anche solamente infingardi nel santificare, sarete duramente puniti.
Io ve lo dico ancora una volta. Se alcuno di voi non si sente di essere vittima della propria missione, se ne vada. Ma non manchi ad essa. E dico: non manchi nelle cose veramente rovinose alla propria e all’altrui formazione. E sappia avere amico Dio, avendo sempre in cuore perdono ai deboli. Allora ecco che ad ognun di voi che sappia perdonare sarà da Dio Padre dato perdono.
6 La sosta è finita. Il tempo dei Tabernacoli è prossimo.
Quelli ai quali ho parlato in disparte questa mattina, da domani andranno, precedendomi e annunciandomi alle popolazioni. Quelli che restano non si avviliscano. Ho trattenuto alcuni di loro per prudenziale motivo, non per spregio di loro. Essi staranno con Me, e presto li manderò come mando i settantadue primi. La messe è molta e gli operai saranno sempre pochi rispetto al bisogno. Vi sarà dunque lavoro per tutti. E non basta ancora. Perciò, senza gelosie, pregate il Padrone della messe che mandi sempre nuovi operai per la sua mietitura.
Andate, intanto. Io e gli apostoli abbiamo in questi giorni di sosta completato la vostra istruzione sul lavoro che avete da fare, ripetendo quello che Io dissi prima di mandare i dodici.
Uno fra voi mi ha chiesto: “Ma come guarirò in tuo Nome?”. Curate sempre prima lo spirito. Promettete agli infermi il Regno di Dio se sapranno credere in Me e, vista in essi la fede, comandate al morbo di andarsene, ed esso se ne andrà. E così fate per i malati dello spirito. Accendete per prima cosa la fede. Comunicate con la parola sicura la speranza. Io sopraggiungerò a mettere in essi la divina carità, così come a voi l’ho messa in cuore dopo che in Me avete creduto e nella misericordia avete sperato. E non abbiate paura né degli uomini né del demonio. Non vi faranno male. Le uniche cose di cui dovete temere sono la sensualità, la superbia, l’avarizia. Per esse potrete consegnarvi a Satana e agli uomini-satana, ché ci sono essi pure.
Andate, dunque, precedendomi per le vie del Giordano. E, giunti a Gerusalemme, andate a raggiungere i pastori nella valle di Betlemme e con essi venite a Me nel posto che sapete, e insieme celebreremo la festa santa, tornando poi più corroborati che mai al nostro ministero.
Andate con pace. Io vi benedico nel Nome santo del Signore».
Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina del Cielo e della terra,
noi ci affidiamo per sempre a Te!